In Memoria di don Mario Galbiati

Mercoledì Santo, il 13 aprile ci ha lasciato don Marco Galbiati, per la mia famiglia e per me un grande amico, per tutti un maestro nella fede, attraverso la sua instancabile evangelizzazione via Radio. Poche righe per raccontare molti ricordi che resteranno fissi nel cuore.
Mamma Marisa, Papà Mario ed io, con Enrica in visita ad Albavilla_2018

Caro don Mario
te ne sei andato in silenzio, con la discrezione che caratterizzava la tua persona. Da lungo tempo però i tuoi occhi azzurri erano tutti di Cielo. Ricordo il giorno in cui, saputo del mio ingresso in Monastero, venisti a incontrarmi. Fu commovente, mi conoscevi da piccola, ti avevo visto in innumerevoli occasioni, per matrimoni o funerali o eventi che caratterizzavano la nostra comunità sant’albinese, ma in fondo non avevamo mai parlato di fede. Così in quel giorno ci raccontammo reciprocamente. Due storie di Dio; due Vangeli in atto, fatti di croci e di risurrezioni, come tutte le storie vocazionali, grandi e piccole.
Mi sei stato vicino nei passi più importanti del mio cammino: la vestizione, la professione temporanea, la mia professione solenne. Venisti al mio monastero anche per i dieci anni di Professione, sempre chiedevi, oltre alle preghiere se non ci fosse stata la possibilità di partecipare attivamente a qualche trasmissione radiofonica.
Annunciare Cristo via etere, fare compagnia alle persone sole, a chi viaggia in auto, a chi lavora in casa a chi, per disabilità, non si può muovere, era il grande compito che ricevesti dalla Madonna fin da giovane prete, fin dal tuo incontro con il grande, e un po’ dimenticato sacerdote mariano, Carlo de Ambrogio.
Dal 2007 collaboro stabilmente con la tua Radio. Prima di iniziare ci incontrammo e mi dicesti: «Quello che conta è parlare col cuore! Oltre a partecipare la fede, è questo che occorre fare a che la fede arrivi». Cercai di essere fedele a questo consiglio e più volte, durante le mie prime trasmissioni, intervenisti pubblicamente per ringraziarmi e raccontare a tutti di come mi avevi preso in braccio da piccola, tu che giocavi con mio padre!
Mio padre! Come te, novantenne tenace, è stato lui a darmi la notizia della tua partenza per il Cielo. Lui che, pur nell’assoluta diversità, ti stimava molto, lui che da piccolo era obbligato da te a giocare “alla Messa” facendogli fare il chierichetto mentre tu, già allora, devotamente simulavi la celebrazione. Con mio padre, Mario anche lui come te, guardo spesso le foto di un tempo, dove anche tu sei ritratto e ripensando a quei giochi mi vien fatto di pensare che preti si nasce!
Sì, posso ben dire che sei nato prete, che non c’è stato in te mai altro desiderio che amare il Signore Gesù, la sua Vergine Madre, servendo la Chiesa, in tutto e per tutto. Sei passato dentro il fuoco e l’acqua temperando molto il tuo carattere battagliero e risoluto, ma sei sempre rimasto fedele.
Mi sono commossa mercoledì, mercoledì santo, quando ho appreso la notizia della tua morte. Mi sono commossa perché la Vergine Maria ti ha voluto in Cielo per celebrare finalmente la tua Coena Domini. Hai coronato la tua vita alle soglie del giorno sacerdotale per eccellenza, Gesù ti ha voluto accanto a Lui per il Giovedì Santo. Un grande dono morire a Pasqua (come disse per altra circostanza Benedetto XVI). Sì, sei morto a Pasqua, e non sarà la fine, la tua voce non si spegnerà. Sei morto a Pasqua per raccontare a tutti anche nella tua ultima ora che, per la fede, la morte non è la fine, ma un inizio eterno. Grazie, don Mario: a Dio!

Voglio pubblicare qui, la commovente lettura dell’augurio che, nel 2013, ti fece mia madre a nome dei tuoi grandi cinque amici sant’albinesi. Ora, tranne mio padre, sono tutti in Cielo.