Sant'Ireneo e i segni del Natale
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La lettura dei brani tratti dalle opere dei padri della Chiesa, offertaci ogni giorno dalla Liturgia delle ore ha la capacità, al pari della Sacra Scrittura, di aprire le menti e regalare intuizioni fulminanti che dilatano il cuore.
Così una frase di sant’Ireneo tratta dal libro «Adversus Haereses» mi ha introdotta ancor più nel Mistero che ci accingiamo a vivere: «L’uomo è la sede in cui si raccoglie la sapienza e la potenza di Dio». Sono queste, parole che mi rimandano a sant’Agostino e al cammino d’interiorità da lui caldamente indicato. Sembra di sentirlo mentre ammonisce i suoi ascoltatori dicendo loro: «Rientra in te stesso! Sì, come feci io, e lì troverai Lui, vero Dio e vero uomo». Più si scandaglia il cuore dell’uomo più si conosce la ricchezza di cui è fatto, la Bellezza e la Sapienza che l’ha originato. È un lavoro lento, richiede tanta pazienza con se stessi, umiltà e benevolenza. È un cammino che non esclude stanchezza, fallimenti, scoraggiamento. Tuttavia la fiducia sta nella certezza di quella divina Presenza che ci abita con sapienza e potenza.
«Il Verbo si è fatto carne» ci ricorda instancabilmente la madre Chiesa in questo tempo forte di Avvento e di Natale. La Liturgia con le suggestive melodie gregoriane, con i toni peregrini, soprattutto, ci introduce in un crescendo fino all’esplodere nelle note festose del canto degli angeli: Gloria in excelsis Deo. Un inno che esplode lì, dove l’orecchio del cuore pone attenzione all’ascolto di quel vagito che ridesta la scintilla della fede. Come Gesù che si è incarnato anche noi dobbiamo prendere piena coscienza della nostra natura umana. Possederla come dono in un cammino di conversione che ci spinge a sollevare lo sguardo. Dio si è fatto uomo per divinizzare la natura umana. La celebrazione del Natale ci deve condurre alla gratitudine, alla scelta di un cammino che dall’esterno ci riporti dentro. Ma come è difficile questo in un tempo storico in cui tutto porta fuori, lontano da sé. Di fronte alla mentalità attuale la frase di sant’Ireneo suona falsa: nulla si fonda sulla Presenza certa di un Dio creatore e Padre, ma sull’uomo capace di sé! Annulliamo così le nostre radici, secoli di storia, di cultura, cancelliamo il sangue dei martiri cristiani, ebrei di ieri e di oggi. E ci ritroviamo soli.
Allora cos’è il Natale oggi? Voglio spezzare una lancia in favore delle tanto vituperate (almeno da certi pulpiti) luminarie: sì, il Natale è la festa delle luci, dei regali, dei sentimenti che, per fortuna, ancora commuovono il cuore dell’uomo! Ma il Natale è anche Mistero e il Mistero è una sfida e una missione.
In mezzo a così tanto rumore e chiacchiericcio l’ascolto è una dimensione assente, vedere oltre al visibile è un desiderio esclusivo dei cercatori dello spirito, indagatori di realtà celesti e incorporee. Ma questo non vanifica l’accadimento: l’Eterno si è rivestito di carne per dire che noi, esseri di carne, siamo destinati all’eternità. Questa è una realtà da dire e da ridire, anche con i segni.
C’è un segno, tra gli altri, a noi molto caro. Un segno che ci collega direttamente alla tradizione, specie quella artigianale e monastica, un segno che per noi Adoratrici del Verbo fatto carne riveste un valore e un’importanza del tutto singolari. Realizzare Gesù Bambini con la cera. Può mancare il Presepe tradizionale in una casa, ma non può mancare Lui, il Bambino, memoria dell’Incarnazione, segno umile di una Presenza certa. Non manchi nelle nostre case questo segno: non rubiamo ai nostri bambini la gioia dell’attesa, accompagnata dalle note di Tu scendi dalle stelle, che le nostre nonne amavano cantare dinnanzi al presepio durante la novena. Non priviamo i nostri bambini del calore di una fede vissuta e raccontata davanti alla grotta del Bambin Gesù. Ci siamo lasciati derubare dei segni della nostra fede. Qualche anno fa è stato messo in discussione il presepe dopo 8 secoli di poesia, quest’anno è stata la volta del crocifisso! Non poteva essere diverso: non si può fare a meno d’intendere, come volevano le più antiche rappresentazioni, che il vagito del Bambin Gesù è già il grido del Crocifisso, che le fasce dell’Infante, sono già segno delle bende di un sudario: se il Natale parla della realtà dell’Incarnazione il crocifisso narra della sua inevitabile conseguenza. Don Luigi Serenthà disse bene proclamando «Natale: ed è subito Pasqua», non lo dimenticheremo se, i nostri occhi, guardando ai segni, sapranno comprendere la verità.
Venite Adoremus