L'asino delle Palme
Portiamo in questa Pasqua il peso di una situazione difficile. Così ci diventa quanto mai caro quell'asino che portò Gesù nel suo trionfale ingresso in Gerusalemme. Egli non sapeva di portare una sì preziosa «soma», noi ora lo sappiamo. Forse con più acuta certezza degli anni precedenti, lo sappiamo. L'impossibilità di partecipare fisicamente alle celebrazioni della Pasqua ce ne fa comprendere il peso e il valore inestimabile.- Autore:
Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina (Zc 9,9). Ci è familiare l'immagine di Cristo in groppa all’asino che entra trionfalmente a Gerusalemme fra il tripudio osannante della folla. L'asino, com’è noto, era la cavalcatura dei re in tempo di pace: Cristo entra pertanto in Sion come il re pacifico promesso dai profeti.
Così lo rappresenta, infatti, il bellissimo mosaico bizantino della Cappella Palatina in Palermo. Ed è guardando questo mosaico che ci accorgiamo dell'espressione ragliante e sofferta dell’animale che male si accorda con il significato attribuitogli di cavalcatura del re di pace. L'asino, con la sua soma, suggeriva svariate significazioni. Da un lato era contrapposto al bue il quale, avendo la dignità di portare il giogo e di contribuire al lavoro del padrone, era l’immagine del popolo ebraico; l'asino invece era assimilato ai popoli pagani che portavano il peso del peccato, privi però della grazia del sacrificio. D’altro canto l'asino, proprio perché animale da soma, poteva portare con sé, senza saperlo, tesori inestimabili ed era dunque immagine della fragilità umana che porta in sé la grande dignità della figliolanza divina. L'asino, inoltre, era legato a Saturno, probabile rimando allo stesso Adonai e alla stella d'Israele. Questo spiegherebbe perché, sia pure per disprezzo, alcuni graffiti come quello di Alessameno nel Paedagogium del Palazzo Domiziano sul Palatino, raffigurano Cristo in croce con la testa d’asino. Il paedagogium era una sorta di collegio destinato a istruire i paggi imperiali, schiavi provenienti da classi sociali medio alte. Qui fu trovato, risalente tra il I e il III secolo (alcuni lo datano 85 d.C.), uno fra i più antichi riferimenti a Cristo crocefisso. Nel graffito, la testa d’asino assegnata al Cristo è, appunto, una probabile allusione agli ebrei quali adoratori di un asino. Il fatto che quest’asino adorato sia stato crocefisso diventa la critica al nascente cristianesimo. La scritta greca, infatti, recita: Alexamenos adora il suo Dio.
Non a caso, dunque, Cristo entra trionfante nella città di Dio, Gerusalemme, cavalcando un asino. Egli, come ci informa il mosaico palermitano, sta passando per una porta che vede al suo lato una palma colma di frutti, simbolo della bellezza. È sì, il re pacifico, ma è anche il re che prenderà su di sé i peccati del popolo e che consegnerà i tesori dello Spirito Santo alla fragilità della sua sposa, la Chiesa. Questo indica la palma, immagine della bellezza femminile, che sta alle porte di Sion. Questo dice la scritta greca: portatore di palma. Questo indicano le dita, tanto del Salvatore benedicente che del discepolo Giovanni posto dietro l’asino: Io sono Gesù, il Cristo, vero Dio (e quindi capace di redimere il mondo dai peccati) e vero uomo (dunque capace di nobilitare con la vita eterna la natura caduca dell’uomo). Si apre anche per noi la settimana santa, Cristo entra simbolicamente nelle nostre vite a dorso di un asino, si carica delle nostre colpe e apre per noi lo splendore di Gerusalemme, città dove la morte è vinta e la bellezza eterna trionfa.