La levatrice post moderna e il nuovo inizio della fede

Quei tre tocchi alla porta che ci hanno introdotto nell’evento del Giubileo ci ricordano l’urgenza di aprire le porte del cuore e toccare ciò che la ragione non sa raggiungere, il mistero qui ed ora: nell’Eucaristia e nella Chiesa, grande sacramento della salvezza fatto dai volti e dalla fede dei credenti.
Autore:
suor Maria Gloria
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Seppure il primo Giubileo della storia della Chiesa cada nel 1300, fu nel 1425 che papa Martino V aprì per la prima volta la Porta Santa di San Giovanni in Laterano. Esattamente 600 anni or sono Robert Campin conosciuto anche come il Maestro di Flémalle, dipinge una sorprendente Natività.
La porta della salvezza per Campin è la diroccata Capanna di Davide. L’asino si intravvede appena (simbolo dei pagani che ancora portano la soma del peccato e attendono Cristo per essere liberati) mentre il bue, simbolo del popolo ebraico pare voltarsi, vigilante, verso il nuovo nato.
Un pesante uscio lascia entrare i primi pellegrini: sono pastori e portano i segni della loro povertà. Il primo tiene in mano la cornamusa, proverbiale rimando alla miseria. Nel nord Europa, come nel nord Italia, quando il pascolo scarseggiava, i pastori lasciavano le greggi e scendevano a valle suonando le loro cornamuse nel tentativo di commuovere i fedeli e raccogliere un po’ di denaro. Il secondo pastore, infatti, tiene fra le mani il suo cappello rimando alla questua e alla richiesta di grazie in generale. L’ultimo non regge un bastone, bensì una lancia, segno dello strumento che colpirà il costato di Cristo facendo scaturire sangue ed acqua, simboli della nascita della Chiesa. Pochi elementi che già racchiudono il senso profondo del Giubileo: implorare grazia (la voce della cornamusa), ottenere misericordia (il cappello) grazie al sacrificio del Redentore (la lancia).
Vicino all’uscio aperto ecco san Giuseppe, tutto avvolto nel rosso (colore del piviale che indossavano i papi nelle vigilie importanti), mentre regge e custodisce una candela accesa, è l’altro grande segno che accompagna coloro che si apprestano a celebrare il Giubileo: la fede. E proprio la fede è ciò che manca alla levatrice sta accanto a san Giuseppe. Questa donna ci rappresenta, come l’uomo moderno è incapace di aprirsi allo stupore di una grazia inusitata, come quella del perdono e di un nuovo inizio, il suo cartiglio recita una frase degna dei filosofi post contemporanei: crederò solo a ciò che ho toccato!
Insomma: se non vedo non credo, ciò che non si tocca con mano non esiste. Tant’è che la nostra ostetrica, vuole indagare - come la scienza attuale - dentro al Mistero, così allunga la mano per accertarsi della Verginità di Maria, ma, come vuole la leggenda, la sua mano si rinsecchì. Anche noi in mezzo a tanta disponibilità di mezzi, abbiamo mani paralizzate. Sembra morta una vera creatività. L’uomo appare senza speranza ed è ciò che, infatti, il Giubileo promosso dal Papa, desidera riattivare. Alla moderna domanda dell’ostetrica, dunque, risponde l’angelo in vesti bianche che nel suo cartiglio avverte: Tangue puerum et sanabaris, ovvero tocca il Bambino e sarai guarita. Gli altri tre, sopra la capanna, in abiti che rimandano alle tre virtù teologali: fede (blu come il mistero), speranza (verde) e carità (rosso come l’amore) cantano l’annuncio del Natale: gloria a Dio e pace in terra agli uomini che Dio ama. Solo a quelli che Dio ama? Agli altri no? La nostra levatrice è lì, a bella posta, per ricordarci quanto Dio ami anche lei, ami principalmente lei: donna post moderna antelitteram. A lei l’annuncio grande di nuovi inizi: novità di sguardo e di legge della vita. La novità del Vangelo implica il grande salto della ragione: sapere che ci sono cose inspiegabili eppure vere. Come scriveva il grande filosofo credente Blaise Pascal: «Conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. Il cuore ha ragioni, che la ragione non conosce».
Non tutti siamo come Giuseppe o l’adorante ed estatica Vergine Maria. Tutti però siamo un poco come lei, bisognosi di toccare il Mistero. Quei tre tocchi alla porta che ci hanno introdotto nell’evento del Giubileo ci ricordano l’urgenza di aprire le porte del cuore e toccare ciò che la ragione non sa raggiungere, il mistero qui ed ora: nell’Eucaristia e nella Chiesa, grande sacramento della salvezza fatto dai volti e dalla fede dei credenti.