La Quaresima e il mandorlo

Le piccole gemme del mandorlo fioriscono nella neve. Allo stesso modo, dentro il rigore della Quaresima già vibra la vita della Pasqua.
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La vita della Chiesa è celebrazione del tempo. Nulla è lasciato al caso: come nella natura, così nella grazia. La storia tra Dio e gli uomini è la meravigliosa avventura di chi vive tutto in pienezza, abbracciando con una stessa passione le cose della terra e le cose del Cielo.
Così quando, sul finire dell’inverno, tutto sembra ormai morto ecco che il ciclo vitale delle stagioni prepara il suo riscatto, la sua “conversione”. Piccole gemme qua e là adornano gli alberi, sono impercettibili e, nella nudità dei tronchi e dei rami, non appaiono, ma esse ci sono, quale promessa di energia e di bellezza.
Ed è in questo medesimo tempo che la Chiesa ti accompagna ad entrare in quel Mistero di morte e Risurrezione che è la Pasqua di Cristo. C’è, dunque una bellezza, nel vivere le rinunce dei giorni delle Ceneri, anzitutto, e poi dei giorni seguenti fino alla grande Settimana, quella Santa, ove tutto esplode. I silenzi, le offerte segrete, lo snocciolarsi delle ore, sempre uguali, ma vissute più responsabilmente per un corpo che prende le distanze dai suoi appetiti e dalle sue intemperanze, somigliano a quelle gemme sui rami, apparentemente brune, come loro, ma pronte, in realtà, a sbocciare nello stupefacente caleidoscopio di colori che è la fioritura primaverile.
E, come la quaresima è punteggiata ugualmente di festività irrinunciabili quali: la cattedra di San Pietro, la festa di San Giuseppe, l’Annunciazione alla Vergine Maria, così anche la primavera ha i suoi annunci. Mi stupisce sempre il mandorlo. Anche quest’anno.
Il nostro hortus conclusus, il nostro orto giardino, con la sua muraglia spessa di pietra, custodisce un mandorlo esile. Nevicate abbondanti hanno ricamato il terreno, gli alberi da frutto, la grande serra e le altre serre, più piccole, dove coltiviamo la scorta invernale delle verdure; tutto era bianco, ma il mandorlo, imperterrito, è fiorito annunciando di nuovo la primavera. Allo stesso modo i giorni delle ceneri nel freddo della penitenza sono un dito puntato verso la Pasqua, sono la promessa di un inizio, il cammino verso la rivelazione del Risorto, che non avrà mai fine.
Pensavo a tutto questo mentre sfogliavo una riproduzione di Tacuina sanitatis, stupenda raccolta di manuali di scienza medica del 1400 riccamente illustrata. Tra le illustrazioni che riproducono alberi da frutta, ortaggi, spezie e i cibi d’ogni specie, ve n’è una che riguarda proprio il mandorlo.
Una coppia sta di fronte al mandorlo scambiandosi confetti. Mi piace pensare che essa rappresenti la Quaresima e la Pasqua o, meglio ancora, l’Antico e il Nuovo Testamento.
L’uomo cammina un po’ curvo come sotto il peso della fatica ed è teso verso un amore sempiterno che porti, come il mandorlo, la certezza di una primavera senza fine. La donna nella sua leggiadra dolcezza veste il rosso della passione, ma tiene fra le mani le mandorle della fecondità. Anche Bunyan nel suo Viaggio del Pellegrino, dipinse il Vangelo come una donzella, la quale pur portando i segni della croce, è in grado di ripulire in un attimo con l’acqua della grazia la stanza dell’anima.
La quaresima è un po’ parabola della vita intera, similmente al mandorlo e a questa stupenda miniatura: siamo in cammino appesantiti dalle rinunce o dagli aggravi della vita, ma il cuore è sempre vigile e desto, verso una felicità che ha da venire. E viene, nella promessa già certa della Pasqua che la donzella del Vangelo ci porta, con una fecondità (di cui la mandorla è simbolo), che non può fallire.