Noi ciechi, dietro alla Vergine, vediamo
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L’avvento è iniziato a grandi passi, scandito dal Vangelo di Luca, Vangelo peraltro che ci accompagnerà lungo tutto questo anno liturgico. Pensando a Luca - chiamato da Paolo caro medico, ma considerato da tutta la tradizione della Chiesa cantore di Maria e pittore - non si può non fare riferimento a una delle più antiche icone mariane, attribuite, appunto, all’evangelista: la Hodigìtria.
Le prime tracce storiche dell’Hodigìtria si hanno a Costantinopoli nel V secolo, dove l’Icona venne rinvenuta dalla cognata dell’Imperatore Teodoro II. Pare che la tavola provenisse da Gerusalemme e fosse già da allora attribuita a san Luca. Per sottrarla alla persecuzione iconoclasta venne murata nel Monastero del Pantocrator e lì esposta solamente durante gli assedi. Dal Monastero che si chiamava Hodegon deriverebbe il nome dell’icona.
Hodigìtria viene normalmente tradotto come Colei che indica la Via, in realtà il nome sembra derivare appunto da Hodegon, che significa delle guide. I monaci di quel Monastero, infatti, svolgevano la funzione di guida per i ciechi poiché in oriente i Monasteri metropolitani associavano alla preghiera attività caritative e assistenziali.
Sotto la dinastia dei Paleologhi questa Icona divenne il palladium che proteggeva la città di Costantinopoli. Da alcuni resoconti di viaggiatori sappiamo che ogni martedì la Sacra Icona veniva portata processionalmente lungo le strade della città. Il membro della confraternita incaricato di reggere l’icona camminava bendato, guidato dall’Icona. Distrutta probabilmente dai Turchi durante la presa della città nel 1453, ci sono rimaste numerose e antiche copie.
In tempi così oscuri, così calamitosi, dove sembriamo tutti come ciechi, bisognosi di guida e di vedere in modo nuovo una realtà stanca che fa invecchiare, fa bene volgere lo sguardo alla sacralità dell’Icona e di una Icona così, come la Hodigìtria. Viene alla mente un passo letto durante l’Avvento. Un oracolo antico che sale dalla notte dei tempi, espresso da un profeta non ebreo, ma che, chiamato a maledire il popolo di Israele, fu costretto dal suo stesso carisma profetico a benedirlo:
Oracolo di Balaam, figlio di Beor,
e oracolo dell'uomo dall'occhio penetrante;
oracolo di chi ode le parole di Dio
e conosce la scienza dell'Altissimo,
di chi vede la visione dell'Onnipotente,
e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi.
Come sono belle le tue tende, Giacobbe,
le tue dimore, Israele!
Sono come torrenti che si diramano,
come giardini lungo un fiume,
come àloe, che il Signore ha piantati,
come cedri lungo le acque.
Fluirà l'acqua dalle sue secchie
e il suo seme come acqua copiosa.
Anche a noi deve cadere un velo dagli occhi per scorgere la visione di quell’Onnipotente che sta per nascere nelle nostre case, dentro la forma umile ed efficace del Presepe. Vorremmo che Maria ci aiutasse a guardare questo nostro mondo dall’alto e a rinnovare lo sguardo alla sua scuola per potere scorgere i segni di una rinascita di una speranza nuova: del resto se il Natale non porta a questo rinnovato vigore che cosa può significare l’Evangelo?
Torniamo perciò all’antica Icona dell’Hodegon e a questi monaci che avevano una tale fiducia nella presenza di Maria da farsi ciecamente guidare. Torniamo ai Paleologhi che avevano la coscienza della dimensione pubblica, oserei dire civica, della loro fede, da promuovere una Icona acheropita (cioè non fatta da mano d’uomo e perciò stesso miracolosa) come palladium, come insegna e baluardo della loro città. Torniamo qui a questa radice per misurare il terreno perduto.
Tra le copie della Hodigìtria ce n’è una venuta non molto tempo fa alla ribalta dalle cronache, la Madre di Dio di Kazan. Dopo essere passata di mano in mano, nel 1993 l’Icona della Madre di Dio di Kazan approda negli appartamenti pontifici. E lì vi rimane fino a quando, nel 2003, Giovanni Paolo II decide di far fare una perizia della Sacra effige per certificarne l’autenticità. Dichiarata autentica da una delegazione russa, il Papa donò l’opera al Patriarca di Mosca nel 2004.
Questa icona è precisamente una Hodigìtria e venne chiamata col nome della città di Kazan perché qui avvenne il suo primo miracolo.
Nel 1579 un incendio distrusse quasi completamente la città di Kazan' situata sul fiume Volga, a circa 500 miglia ad Est di Mosca. Un soldato avendo perso durante l’incendio la casa si accinse a costruirne una nuova, ma alla figlioletta di nove anni apparve la Vergine Santa che invitò la bimba a dire a tutti che la sua immagine era sepolta sotto le rovine della casa bruciata.
La Madonna apparve tre volte alla bimba perché nessuno voleva crederle, alla terza visione, la piccola vide l’icona farsi luminosa tra le macerie e le parve di leggere parole di minaccia se non l’avessero messa in salvo. Poiché nessuno le dava retta la piccola scavò con le sue stesse mani e rinvenne la preziosa Icona avvolta in un drappo, miracolosamente intatta. Era l’8 luglio 1579. Più tardi, nel 1612, portata in battaglia dal Principe Pogiarski nella guerra per la liberazione di Mosca dai polacchi, la Madre di Dio ottenne la vittoria. L'icona fu considerata la protettrice della dinastia dei Romanov e diventò una delle più grandi reliquie della Russia.
Nell’icona di Kazan già possiamo individuare alcuni elementi tipici della Theotòkos (= Madre di Dio) anzitutto, ma poi anche della Hodigìtria.
Il cerchio in cui sono iscritti i volti delle icone e in particolare quelli di Gesù e di Maria dicono la perfezione della natura umana.
Il cerchio in cui è iscritto il capo della Vergine dice la perfezione concessale in virtù dei meriti di Cristo e in vista del suo concepimento verginale. Il cerchio invece in cui è inscritto il capo del Salvatore dice la perfezione della sua duplice natura: umana e divina.
L’aureola della Vergine delinea un cerchio maggiore che rimanda alla sfera divina, mentre il volto di Maria è inscritto in un cerchio più piccolo, che rimanda perciò alla sfera umana. In lei infatti, Dio e l’uomo si sono incontranti nella persona del Verbo, facendo dei due una unità profonda e indistruttibile. Sul manto di Maria si vedono tre stelle: una sul capo e due sul manto. Esse indicano la verginità di Maria prima, dopo e durante il parto.
La struttura della figura rappresentata è triangolare. Il triangolo mira in alto, punta verso la sfera celeste, dice l’equilibrio e la perfetta adesione ai voleri divini.
Nella Vergine di Kazan, e in generale nelle Hodigìtrie, tutto del corpo della Madonna converge a Cristo. Ella cioè mostra una via che per prima ha seguito fedelmente. Nella Vergine di Kazan non c’è la mano che addita Cristo, come in altre Hodigìtrie, ma è lo sguardo che indica il Figlio come via e invita alla sequela di Lui. Maria è Colei alla quale davvero cadde e fu tolto il velo di cui parla il Profeta Balaam e che meritò di vedere il Verbo fin dal suo primo abitare sulla nostra terra.
E che Gesù sia la Roccia, l’approdo sicuro, lo dice la posizione frontale e ieratica del Bambino Divino. Egli, benedicente, non ha il rotolo della Parola, ma reca le vesti sacerdotali tinte di rosso, annunciando così la sua offerta totale al Padre mediante la passione e la croce. Una croce che oltre ad essere presente nell’aureola di Gesù, nelle icone è sempre tracciata nel volto, dove il setto nasale è il braccio verticale della croce e la linea degli occhi quello orizzontale. Qui nell’Icona di Kazan è nel volto della Madre che maggiormente si individua la forma della croce: Maria cioè è tutta chiusa nel mistero di passione e morte del Figlio suo.
La Madonna di Kazan ha poi il manto bruno, colore della terra, cioè della via, del cammino che Ella stessa ha percorso dietro il Figlio Benedetto. La veste soggiacente al manto è azzurra, segno della sua creaturalità, mentre il risvolto è rosso e indica il dono della pienezza della grazia che le ha elargito Dio in vista della sua Divina Maternità.
A sinistra si scorge un angelo. È l’angelo della casa che protesse questa venerata Icona dall’incendio del 1579, ma è anche l’angelo a cui il credente può appellarsi per avere sicura la via e più certa la guida della Madre nel tortuoso itinerario dell’esistenza.
Possa la contemplazione di questa Icona introdurci veramente nel Natale del Signore. Possa questo nostro Natale, per intercessione di Maria, donarci uno sguardo più terso, educato dalla Bellezza del Mistero capace di scorgere tra le macerie del nostro tempo lo splendore della città di Dio che si edifica silenziosamente:
e cade ed è tolto il velo dai suoi occhi.
Come sono belle le tue tende, Giacobbe,
le tue dimore, Israele!