Sulle orme dei Magi
Un percorso di verità dietro all'anonimo mosaicista ravennate, a Bosch, a Mantegna.- Curatore:
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I Magi: figure paradigmatiche. Il loro percorso ci intriga perché è il percorso dei cercatori di Bellezza. Loro sì che non sono schierati, che ascoltano le Scritture ed Erode, guadano le vie del Cielo e quelle della terra, insomma sono cercatori della verità e hanno molto da insegnarci.
Così li abbiamo inseguiti dentro a tre opere che, descrivendoli iconograficamente, ci fanno penetrare più profondamente nella straordinaria pagina di Matteo.
I mosaici ravennati: lo slancio della ricerca (Figura 1)
Un uomo si muove dunque, anzitutto a partire dalle sue domande. Avere nel cuore una domanda è essenziale per incominciare a cercare. Se è necessario partire da una domanda, è però altrettanto necessario avere delle certezze. La certezza, cioè, che alla domanda c'è risposta. Potremmo, infatti riformulare così la domanda dei Magi: il re dei Giudei è nato. Dove si trova?
Forse non è difficile avere nel cuore una domanda dalla quale muovere la nostra ricerca, ma la certezza? Da dove hanno attinto i Magi la loro certezza?
Diceva Giovanni Paolo II: «I Magi arrivarono a Betlemme perché si lasciarono docilmente guidare dalla stella. É importante, carissimi, imparare a scrutare i segni con i quali Dio ci chiama e ci guida» (Giovanni Paolo II 6/8/04). Tra tutti i grandi della storia di allora, fra tutti gli scrutatori del cielo solo questi videro la stella! Essi videro, perché cercavano. Cercavano perché avevano nel cuore una domanda.
L’ardore di questa ricerca è espressa in modo straordinario da un mosaico presente a Ravenna, nella Basilica di sant’Apollinare Nuovo. Tra le teorie di vergini e di santi martiri che convergono verso il Redentore c’è anche il curioso cammino dei Magi. Essi corrono verso la meta guidati da una stella, anzi sono essi stessi a guidare le Vergini ad adorare il Bambino in braccio alla Madre.
L’antico mosaicista ci insegna una profonda verità: la stella che i Magi videro doveva essere certo particolare, ma poteva anche sfuggire a un occhio distratto, a uno sguardo incapace di alzarsi verso il cielo, perché troppo Le stelle non bastano, le luci permanenti o istantanee non bastano, occorre che siano comprovate dalla Parola
Bosch: l’ambiguità dei segni (Figura 2)
All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.
Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta» (Mt 2, 3-5 ). In una ricerca vera i segni esteriori vanno confrontati con la Parola così come la tradizione della Chiesa ce la trasmette e ce la spiega (i Magi si fidarono delle interpretazioni degli scribi).
Così i Magi nel loro cammino di fede e di riconoscimento del Mistero non possono fare a meno di passare attraverso le insidie della tentazione, quella soprattutto di un male che si camuffa in bene e vuole distogliere dal cammino. Per questo il contrasto che Matteo ci offre è fortissimo: da un lato la forza oscura e ambigua di Erode e dall’altro la semplicità luminosa della stella che dà gioia. Questo chiaro-scuro nel cammino dei Magi dietro la stella lo narra in modo efficacissimo Jeronimus Bosch in una sua opera dal titolo Polittico dell’Adorazione dei Magi.
Nel pannello centrale vi è dipinta la scena dell’adorazione dei Magi. I tre re sono inginocchiati davanti alla Vergine Madre che porge loro il Bambino. Contrasta la ieratica bellezza della Vergine con lo squallore della Capanna che la circonda. Dietro però i tre re Magi si vede la figura di un personaggio inquietante, il re Erode che, semi nudo, veste i panni dell’Anticristo. Egli guarda la scena con aria sorniona e dietro l’apparente curiosità cela un progetto di esautorazione del vero Re d’Israele. L’anticristo è nudo come il Cristo Bambino, ma mentre nel secondo la nudità è simbolo di innocenza, nel primo questa è simbolo della fragilità del male che, alla fine, non può nascondere la sua vera natura.
Da cercatori a testimoni: i Magi del Mantegna (Figura 3)
Sì bene e male possono essere riconosciuti. E i Magi, nel dubbio tra l’opulenza reggia di Erode – dove perdono la stella e la gioia – e la anonima casa di Betlemme scelgono quest’ultima. Ritrovano qui la stella e la gioia. Non seguono schemi, ma il Vero e il Bene, dunque il Bello. È il Mantegna che restringe il campo visivo e ci consente di seguire i Magi fin dentro la casa dove videro il Bello, anzi il Bellissimo nei panni di un Bambino. E in effetti Mantegna ci regala un Cristo benedicente bellissimo nelle sue fattezze tenere da neonato, un Piccolo che veste i panni di un rabbi. Avvolto nel peplo con il capo coperto, egli è la Sapienza dl Padre che siede in grembo alla Madre. Il divino Bambino schiude la sua bocca, sembra parlare, parla sì, ex cattedra, ma esprime quel Magistero colmo di materna sollecitudine per l'uomo, per ogni uomo. Gli sguardi degli altri due Magi sembrano oltrepassare Il Cristo, la Vergine Madre e vedere lontano, sembrano già interpellare la storia futura, forse quella stessa storia del Mantegna che aveva visto, trent’anni prima del dipinto, i turchi entrare in Costantinopoli da trionfatori. Forse interpellano anche la nostra storia in cui si è vista una sola unità possibile tra i popoli, quella della preghiera.
Ma lo sguardo perso nel vuoto, pensoso dei due Magi in secondo piano, suggerisce anche altro. Essi forse vanno meditando, alla luce di ciò che hanno contemplato, di far ritorno per un'altra strada. Silenziosamente in loro è maturata quella conversione che porta a vivere la misura alta della vita (cfr. Giovanni Paolo II 6-08-2004).
L’incorporea luce della stella ha preso corpo nella concretezza di una Presenza, da adorare e di cui essere testimoni.
Chi, come noi, si pone sulle orme dei Magi da cercatore diventa Adoratore e missionario della Presenza di Dio persegue la misura alta della vita, e fa proprio quanto ha detto ancora Papa Benedetto a Colonia: «i santi sono coloro che hanno visto la stella e l'hanno mostrata ad altri».