Lo sguardo del Redentore

Guarderanno a Colui che hanno trafitto. Questa frase del profeta Abacuc, pronunciata migliaia di anni prima di Cristo, ha ispirato artisti, musicisti e poeti di ogni tempo, che sostavano in contemplazione della croce.

Pochi si son cimentati nell’indagare entro lo sguardo del Cristo che dalla Croce vede l’umanità. Penso allo stupendo «Tu mi guardi dalla croce» di Wolfgang Amadeus Mozart ma anche a un dipinto di James Tissot dal titolo: Ce que voyait Notre-Seigneur sur la croix (Quello che Nostro Signore ha visto sulla croce). Ed è proprio la prospettiva offerta dal titolo a rendere unica l’opera di Tissot. Egli non si è proposto di guardare a Gesù che dalla croce ci vede, ma è arditamente salito su fin sulla croce per vedere ciò che Cristo ha veduto dall’alto del suo crocifisso.

In un campo visivo stretto, un taglio americano, lo sguardo di Cristo si posa, quasi a volo d’uccello, sugli infiniti volti sottostanti e, con essi, sulle loro infinite emozioni. Jacques Joseph Tissot, francese, ma col nome d’arte anglicizzato in James Tissot, visse un’esperienza mistica entro la chiesa di Saint-Sulpice a Parigi. Da lì iniziò a mettere la sua arte al servizio di Cristo, studiando a fondo la Sacra Scrittura e visitando ripetutamente la Terra Santa. Questa crocifissione resta forse il punto più alto della sua produzione.

Lo sguardo del Redentore si posa anzitutto sulle donne: la Maddalena, totalmente sbilanciata verso la croce, abbruttita dal dolore e incurante della sua fluente chioma rossa, ondeggia sui drappeggi dell’abito tinto dal fumo del lutto; poi, subito dopo, ecco la Madre, in piedi, dignitosamente affranta, accanto a Giovanni l’evangelista e alle altre due pie donne. Maria si porta la mano al petto, forse per l’annuncio di quella nuova maternità: ella sarà Madre di Giovanni ma insieme a quel discepolo amato, prenderà con sé tutti gli altri discepoli e discepole del Signore Gesù. Un nuovo annuncio fatto a Maria, ancora più autorevole di quello dell’Angelo Gabriele avvenuto tanti anni fa. Un nuovo annuncio che conferisce senso al suo immenso dolore ma che non colma il vuoto lasciato da quel Figlio.

Maria è madre anche dei volti beffardi che stanno alla destra della tela: i sommi sacerdoti e le guardie del tempio. Due di questi grottescamente soddisfatti per quella condanna: uno a terra, con la lancia in mano, l’altro a cavallo che, nella sua evidente autorità, appare ancora più ridicolo. Al centro della tela, invece, ecco i soldati romani, statuari e attoniti: nessuno è mai morto come quell’uomo. Gesù tutti vede e tutti abbraccia con lo sguardo, mentre man mano che aumenta la distanza perde la messa a fuoco. Ci sono discepoli e farisei, passanti causali e donne, alcuni seduti: hanno seguito il corteo fin dalle prime luci dell’alba e ora non reggono alla stanchezza, altri in piedi, altri ancora, forse, sopraggiungono in quel momento. Nelle loro posture essi sono il segno di quell’umanità che nei secoli si avvicinerà al mistero pasquale, alla passione e morte e risurrezione di Gesù, faticando a lungo sulla via della santità oppure rubando il paradiso all’ultimo minuto, come il buon ladrone. Ognuno sarà guardato per sé stesso, ma tutti saranno visti dentro il dilatarsi della maternità di Maria. Per ognuno di noi Cristo ha detto: Donna ecco tuo Figlio.

Ciò che sorprende in Tissot (che pure ci ha regalato opere di grande drammaticità per il chiaroscuro violento e l’incombere delle tenebre) è il caleidoscopio di colori in cui immerge la scena della crocifissione. La gamma cromatica degli abiti e dei drappeggi, il verde scintillante del prato e il chiarore del selciato, la corona verde marcio dell’orto degli ulivi, evidenziano la ferialità di quel giorno che ha cambiato il corso della storia umana. La grazia di Cristo ci sorprende in ore e minuti apparentemente uguali a molti altri, non tutti si accorgono. Non se ne accorgono gli addetti ai lavori, quelli che più di altri sarebbero atti a comprendere. Se ne accorgono invece i pagani, le donne e il giovanissimo Giovanni. Se ne accorge più di tutti Maria, sua Madre, cui Tissot conferisce un’intensità di sguardo che continua a restarti nel cuore anche quando ti allontani da quest’opera.

Il centro dell’acquerello resta il sepolcro con le sue fauci aperte e oscure, forse un monito per noi: è il momento in cui ci sia avvicina l’ora della morte quella in cui tutti, indistintamente, siamo chiamati ad accorgerci che c’è Uno, nello scorrere delle nostre ore, che ha dato la sua vita per noi e ci ha donato, per ogni momento, il sostegno di sua Madre.