Adorare è un'arte, come la musica
Un articolo sulla rivista Credere apre uno spiraglio sul connubio arte, adorazione e bellezza! Un breve,ma intenso, profilo sulla nostra sorella sr Maria Danuta Giovanna!La musica è il suo grande amore, ma c’è un Amore ancora più grande che ha sublimato quello per la musica. Nell’amore per Gesù, suor Danuta Conti ha trovato la risposta al bisogno di totalità che agita da sempre il suo cuore. Vedendola suonare, capisci che quelle dita lunghe e affusolate ricevute in dono dalla natura sono l’evidenza di un destino segnato fin da piccola e coltivato dentro una famiglia — madre polacca e padre italiano — che si nutriva di pane e musica nella piccola casa di Ostra, poco lontano da Senigallia. «Ho cominciato a suonare quando avevo tre anni», ricorda, «è stato come imparare da subito una seconda lingua, qualcosa che mi veniva spontaneo praticare. È la musica il canale privilegiato in cui è cresciuto il mio rapporto con Dio, il desiderio di conoscere “l’oltre” che ogni cosa porta in sé, fino alla decisione di donarmi totalmente a Colui che a ogni cosa dà significato».
Studia pianoforte, poi violino, a 18 anni l’ingresso al Conservatorio di Milano per composizione e direzione di coro. Nell’impeto degli anni giovanili, Danuta coltiva la passione musicale come l’espressione più autentica della sua personalità e insieme come possibilità di comunicare al mondo la bellezza che sente promanare dalle note. Suonare è un’esperienza che fa ardere il suo cuore e nel contempo una ricerca che non trova un approdo definitivo, non produce un appagamento totale, la lascia ultimamente inquieta.
Il 22 agosto 2009, a 21 anni, durante la cerimonia nuziale della sorella, al momento della consacrazione eucaristica sperimenta una sorta di illuminazione interiore che segna per sempre la sua esistenza. «Mentre mia sorella si sposava, ho riconosciuto la mano misteriosa eppure reale di Dio che aveva guidato il suo cammino fino al compimento di quel “sì”, e ho capito che Dio è amore, e a quell’amore dovevo dare tutta me stessa».
Nel 2011 si diploma in pianoforte, l’anno dopo trascorre alcuni giorni nel monastero di clausura di Pietrarubbia, sulle colline del Montefeltro, dove conosce suor Gloria Riva, la superiora, e le monache dell’Adorazione eucaristica, che uniscono alla preghiera ininterrotta davanti al Santissimo la passione per l’arte.
«Ero incuriosita da quel carisma cosi` particolare, benché convinta che la vita di clausura non fosse adatta per una persona esuberante e desiderosa di rapporti umani come me. Ma quando mi sono inginocchiata e ho guardato l’ostia illuminata che era stata collocata sull’altare per l’adorazione, ho percepito che lì c’era Qualcuno che mi aspettava da sempre, che in Cristo il mio desiderio di compimento trovava risposta. Per la prima volta mi resi conto che nel cuore abitava una vocazione contemplativa: non ero chiamata a portare Dio nel mondo con le mie mani, come avevo sempre pensato, ma piuttosto a portare il mondo davanti a Dio, a stare davanti a lui per tutti, come dice santa Teresa Benedetta della Croce».
MUSICA IN MONASTERO
Accolta nel monastero di Pietrarubbia, Danuta comincia a condividere con le consorelle la vita contemplativa e la missione di educare le persone alla bellezza della fede attraverso diverse espressioni artistiche: il canto, la musica, la pittura, la produzione di oggetti artigianali.
Le sue doti musicali producono frutto: compone antifone e inni liturgici, crea brani in cui riecheggiano le sue origini polacche e le radici ebraiche ereditate dalla nonna materna. Numerose iniziative a sfondo artistico organizzate dalla sua comunità la portano a eseguire brani del suo repertorio in varie città italiane, in Messico e in Polonia. Recentemente ha creato le musiche per Teatro Pedonale nello spettacolo teatrale Di ombre e di luce sulla figura di Caravaggio, e ispirandosi alle poesie di Alda Merini ha composto dodici brani per voce e strumenti per la mostra Donne nel limite attualmente ospitata a San Marino, un percorso a base di sculture, immagini e suoni dove si documenta che ogni limite non rappresenta la fine di un percorso, ma il confine di un “oltre” che sfida a conoscerlo e conquistarlo.
«La vita dentro le mura del monastero è una quotidiana occasione per sperimentare il limite come possibilità piuttosto che come obiezione», racconta Danuta. «Per me e le mie sorelle ogni giornata trascorsa nell’adorazione eucaristica e nella pratica dell’arte è un esercizio affascinante a ricercare la verità di noi, e a sperimentarla nella profondità del rapporto con Dio, facendo esperienza di pace e di luce dentro una società in cui questa luce viene sempre meno riconosciuta, e che per questo sta vivendo un’epoca di disorientamento. Il mondo ha bisogno della musica, di conoscere quella Bellezza che, come diceva Dostoevskij, sola potrà salvarlo».