Tutta la musica è una strada di luce

Domenica 22 luglio: un Concerto dei Sotto Spirito per imparare a guardare dentro testi e musiche dei più lontani da Dio: il grido della preghiera nella musica dei Rochers
Autore:
Bartolini, Davide
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Tutta la musica è una strada di luce,
porta a te amico mio
è come un fiume luminoso,
porta al mare di Dio
(Claudio Chieffo)

La capacità di commuovere, la forza dirompente che mette in crisi e fa riflettere, il significato che viene sotteso dai pezzi attraverso i testi e le melodie sono tutti elementi che fanno parte della storia della musica contemporanea e in particolare della storia del rock. Non stiamo parlando dei gruppi di urlatori che più fanno rumore e meno comunicano. Stiamo parlando del vero rock, quello che quando parla, parla al cuore, quando suona, suona il campanello della nostra attenzione, e quando è l’ora sa sussurrare, cullandoci con la dolcezza delle sue melodie.
Parliamo per esempio degli Who.
Sopra un arpeggio strappalacrime, la voce di Roger Daltrey recita «Nessuno sa cosa si prova ad essere l’uomo cattivo, l’uomo triste dietro questi occhi blu». Sì, cade di colpo la maschera e, dietro al bel tenebroso che ammalia le folle con il suo rock sconvolgente, si rivela l’uomo fragile che, arrendevole confessa, l’inutilità dell’anelito ad essere l’idolo delle folle.

Oppure parliamo dei più giovani, come Red Hot Chili Peppers, i quali di punto in bianco (non si capisce se a Dio o a chi altri) chiedono di essere portati «da un’altra parte». Di fronte al crollo dell’illusione, del successo come soluzione di ogni problema si scioglie, allora ci si chiede dove sta l’àncora di salvataggio. Nasce così la domanda di senso.
Gli stessi Red Hot sembrano adombrare una soluzione: «I tuoi occhi sorridenti sono solo uno specchio per il sole, i tuoi occhi sorridenti sono solo uno specchio per...».
Uno specchio per … è l’affermazione di un enigmatico, sfuggente Mistero, del quale non si osa quasi pronunciare il nome.
Oggi pronunciare il nome di Dio sembra impossibile, eppure una volta era molto più semplice. Il pezzo «Hallelujah» di Leonard Cohen fotografa il grande Re Davide intento a scrivere il suo inno all’Altissimo: con lo svolgersi degli accordi irrompe nell’Alleluja l’inno di lode a Dio. Eppure durante la canzone il senso di questo grido di vittoria scolora e diventa il canto alla donna amata, ad un amore che, un tempo vivo e fecondo, è ora spento e freddo. L’amore umano, che sembra essere in competizione con l’Amore per Dio, ha fatto girare la testa a tantissimi rockers, ed essi arrivati a un passo dalla soluzione dell’enigma hanno poi rinunciato volgendosi a risposte più semplici. Ma non tutti.
Ad esempio il testo di «Lay me down» brano sconosciuto ai più, scritto dal figlio del leader degli storici Crosby, Still, Nash and Young, canta così: «Guidando fra i mulini a vento alcuni di loro stavano fermi. A volte è difficile prendere il vento e legarlo alla propria volontà». Una tale sensazione d’impotenza si trasforma sorprendentemente in un ritornello che ha tutta l’aria di una preghiera a Dio: «Fammi scendere nel fiume e purificami. Sbriciolami come sabbia dalla roccia e forse un giorno sarò nuovamente tutto intero». Detto da un rocker che si è giocato la vita con le sostanze proibite, fa il suo effetto, ma se può chiedere questo un uomo distrutto come lui, perché non lo posso anche io in ogni momento?
Un caso isolato? Una possibilità che nel mondo di oggi non ha più senso? Sembrerebbe proprio il contrario.
L’estate scorsa esce un nuovo album di Ben Harper: «Give till it’s gone». Un album che vale la pena di visitare per intero e con il quale voglio chiudere questa breve rassegna di citazioni esemplificative di come anche il rock possa contenere perle di umanità e di fede. Un esempio è proprio preso dal singolo di traino dell’album di Harper che s’intitola «Don’t give up on me now». Un passo della canzone recita così «Il mondo non è mio e non lo salvo io. Non posso rischiare di perdere quello che tu butteresti. Si può spendere tutta la vita senza sapere per cosa stai combattendo», e ribellandosi a questa eventualità il grido diventa coscienza del proprio nulla e, ancora, preghiera «Non conosco nemmeno me stesso. Cosa ci vuole per conoscere me stesso? Devo cambiare e non so nemmeno come. Non abbandonarmi ora».

La lunga storia della musica non finisce qui, accompagna e accompagnerà quella umana in ogni sua fase. Se di musica vera e sincera si tratta fornirà sempre nuovi punti di appoggio per giudicare il reale e farcelo comprendere.

Il concerto che il 22 luglio che il gruppo musicale dei SottoSpirito terrà nel Parco San Silvestro, mediante questi e altri brani di grandi autori (Simon & Garfunkel, Pink Floyd, Moody Blues per citare i più famosi), aiuterà a comprendere canzoni che, forse, finora abbiamo ascoltato solo con le orecchie e non con il cuore. Andare al fondo di questi pezzi significa andare al fondo di se stessi, per ritrovare il senso profondo di quello che facciamo tutti i giorni. Saremo aiutati così a vivere nella quotidianità con sguardo da veri uomini.



Guarda il Video, «Hallelujah» di Leonard Cohen :