Che senso ha questo male?
Una domanda seria, una domanda che ci è stata rivolta da una rivista locale. Pubblichiamo parte della lunga intervista rivolta a suor Maria Gloria su come viviamo noi in tempo di pandemia.1) Lei come legge l'irrompere drammatico del virus in questo momento storico nella vita delle persone, delle famiglie, delle comunità, delle nazioni, del mondo? E come lo vive? Quali pensieri le suscita? Quali domande? Qual è il senso di quello che sta succedendo, compresi i tanti morti che l'Italia conta ogni giorno? Decessi peraltro ancora più strazianti perché chi perde la vita non può essere nemmeno accompagnato dai propri cari negli ultimi momenti di una lunga esistenza (in maggioranza sono gli anziani che ci stanno lasciando).
Una situazione simile, nella sua sorprendente drammaticità chiama sicuramente a rientrare in se stessi e meditare. Di colpo ci siamo accorti della fragilità dei nostri sistemi apparentemente efficientissimi; vediamo più evidenti le scelte fallimentari, come i tagli sulla sanità e l’abbandono di certe strutture ospedaliere; si rivela più lucidamente ai nostri occhi come, in questi anni, abbiamo investito danari ed energie in cose marginali che, di fronte a un evento di tale portata, risultano inutili. D’altra parte sorge la domanda fondamentale della vita: per cosa viviamo? Dove trova la vita, e conseguentemente la morte, il suo senso? È stato impressionante vedere tante bare in fila una all’altra senza anima viva che le accompagnasse. Impressionante non solo per il numero dei decessi, già di per sé scioccante, ma per la solitudine che ha accompagnato queste morti. Noi, monache ci siamo sentite accanto a ciascuno di questi defunti e a ciascuna delle famiglie che si cela dietro di loro, delle quali possiamo immaginare lo strazio e il senso d’impotenza. In tali frangenti sono state dette, a mio avviso, tante parole inutili. Il silenzio pieno di preghiera, per quelli che credono, è l’atteggiamento più utile. Il silenzio educa anche chi non crede, mette in comunione con la parte più profonda di sé e come la preghiera, cambia lo sguardo. Sì, dobbiamo pregare per quelli che sono morti, ma anche per quelli che rimangono, perché siano sorretti dalla speranza nel ritorno alla normalità e perché tutti si riprenda a vivere con più maturità e coscienza. La stessa che stanno dimostrando molti italiani impegnati direttamente nell’affrontare la pandemia.
2) C'entra qualcosa il male? Qual è il valore della sofferenza e del dover fare i conti con tragedie così ingiustificabili? Oppure non siamo più capaci di affrontare la morte, perché in fondo le pandemie ci sono sempre state e con esiti disastrosi e dentro questi disastri "la carità nacque al cessar d'ogni allegrezza terrena", come dice Manzoni?
Il male non è mai fine a se stesso. Non c’è male che non abbia un risvolto di bene. Lo disse anche Gesù a proposito di quei famosi 18 sulle quali rovinò una torre. Di fronte allo sgomento dei loro contemporanei Gesù disse «Quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». Gesù ci mette in guardia: da un lato l’equiparazione male = colpa è inadeguato e, soprattutto all’orecchio dell’uomo contemporaneo, stona. D’altra parte la morte è sempre una chiamata alle cose ultime e quindi alla conversione. La stessa parola castigo, tanto estranea al nostro linguaggio, nella sua accezione originaria: castus agere, implica il rendere puro. Nulla vale cancellarla dal vocabolario, ciò che fa sorgere una parola è l’esperienza di migliaia di secoli. La riflessione di generazioni e generazioni ha visto sempre nella prova una possibilità di redenzione, di tornare a una purezza originaria. Come lo stesso Manzoni acutamente scrisse: Dio che non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. Allo stesso modo volgendola al negativo potremmo dire: Dio non permette mai una prova se non per trarne un bene maggiore. Scrisse Bonhoeffer nel contesto drammatico della Shoah, mentre era in carcere a Berlino per aver cospirato contro Hitler, non tutto ciò che accade, accade per volontà di Dio: ci possano essere molti fallimenti, molti errori, molte colpe umane, ma nei fatti stessi c’è Dio. Ecco: Dio è con noi, anche in tempo di Covid, questa è la grande speranza.
3) Lei appartiene a una comunità monastica contemplativa, quindi dedica molte ore alla preghiera: cosa chiede a Dio in questi giorni? E in questi giorni chiede qualcosa di diverso?
In questi giorni la nostra preoccupazione è di esserci. Essere davanti a Dio per tutti ed essere accanto ad ogni uomo perché possa sentire la Presenza di Dio nella sua vita. Se da un lato abbiamo intensificato la preghiera personale e comunitaria, dall’altro abbiamo partecipato a tutti le nostre liturgie attraverso i mezzi di comunicazione sociale. La fortuna di avere la celebrazione eucaristica ogni giorno, di avere il canto monastico dei salmi e l’adorazione eucaristica andava condivisa. Così, pubblicando sulla nostra pagina Facebook (Monache dell’adorazione eucaristica) e sul nostro canale youtube (Gloria Riva) la diretta di questi momenti, tante persone che non ci conoscevano e tanti amici ci hanno manifestato gratitudine. Per molti è una compagnia quotidiana che offre un momento di pace di conforto e di speranza per il futuro. Il nostro carisma, legato alla bellezza, ci ha suggerito di regalare momenti di canto e meditazione su immagini di arte. E ci ha stupito scoprire come, ora più che mai, la bellezza della croce salverà il mondo. Proprio per il ridursi delle attività possibili, proprio per il blackout di molte trasmissioni televisive e di possibilità di “fare spettacolo”, proprio per questo silenzio forzato cui ci hanno costretto, alcune parole (che noi diciamo da sempre) alcuni gesti (come quelli liturgici che la Chiesa fa da sempre) raggiungono più profondamente il cuore dell’uomo e lo confortano, cioè lo rendono più forte dentro le avversità della vita.