Giornate dell'Educazione
In occasione delle giornate dell'Educazione organizzate dal nostro vescovo Mons Andrea Turazzi, la nostra Comunità terrà un momento di riflessione attorno al tema: educare alla Bellezza- Autore:

Educare alla Bellezza
Basterebbe aprire un qualunque rotocalco, un qualunque programma televisivo o uno dei siti internet di maggior successo, per renderci conto quanto la cultura di morte e il fascino del macabro e dello sconcerto dominino lo scenario quotidiano della stragrande maggioranza dei giovani.
Come si può, dunque, e che senso può avere educare alla bellezza i giovani di oggi?
La domanda ha senso se partiamo da quell’esperienza giudaico-cristiana che rivendica una idea di uomo e un senso etico fra i più veri e profondi apparsi lungo la storia umana.
Educare al bello non coincide dunque con una categoria religiosa, ma promuove l’uomo nella sua totalità e nella sua dignità, apre al rispetto per le opere di bellezza prodotte da qualunque cultura e favorisce il dialogo fra le diversità etniche, culturali e religiose.
Educare alla bellezza è urgente e davvero ci salverà.
Educare alla bellezza significa dunque, anzitutto, educare alla domanda. Quale domanda di vita, di uomo, di senso, soggiace ai nostri progetti educativi? Quali domande albergano nel cuore dei nostri ragazzi? Se circoscriviamo semplicemente il senso originario della parola educare (educere = tirar fuori), comprendiamo immediatamente che l’educazione mira a suscitare domande vere, quelle più giuste e profonde. Tra queste, la domanda circa il senso della vita e il desiderio innato nell’uomo di rimanere è una delle più spontanee. L’arte in ogni sua forma, letteraria, artistica, musicale, obbedisce a questo imperativo: rimanere. Lasciare una traccia.
I nostri ragazzi, in un mondo consegnato al provvisorio e alla precarietà, tendono ad ancorarsi a certezze effimere, ma possono trovare nella bellezza uno strumento prezioso per conseguire punti di riferimento e luoghi ove approfondire la domanda di senso della loro vita.
Evidentemente però educare alla domanda non basta. Di fronte all’immenso panorama che offre il sapere attuale è necessario dare un giudizio. Aprirsi indiscriminatamente a ogni esperienza in nome di una domanda è fallimentare. Il giudizio può esprimersi solo a partire da una identità. Educare all’identità giudaico-cristiana della nostra società (fondante la cultura europea) è indispensabile per comprendere, dialogare e confrontarsi serenamente anche con altre culture. L’arte è, in tal senso, una grande pedagoga perché libera dal dibattito sterile e talora grossolano cui ci consegnano i mass media.
Non possono del resto esistere giudizio e identità senza confronto. Educare alla bellezza implica educare al confronto con l’altro, alla diversità, senza tuttavia rinunciare alla verità. La verità è qualcosa che contiene l’uomo, che lo supera persino nelle sue categorie religiose e culturali. Il bello tende per sua natura al vero e al bene, perciò educare alla bellezza implica l’educazione alla ricerca sincera della verità, intesa come armonia di bene, giustizia e bontà. In un’ottica cristiana, dunque, educare alla bellezza significa educare alla fede. Non nel senso più immediato del far proselitismo e dell’educazione catechetica, ma nel senso più profondamente (e mi verrebbe da dire più laicamente), culturale. Non si può comprendere Dante, né Manzoni, né Giotto, né Michelangelo e neppure Bach o Mozart senza un’educazione alla fede.
Educare alla bellezza è perciò può uno strumento prezioso per consegnare ai nostri giovani la chiave interpretativa del loro tempo e delle sfide, spesso insidiose, che stanno loro davanti.