i tre Regni di Dante
Un viaggio-intervista a suor Maria Gloria Riva attraverso Dante a cura dell'Associazione Rivela. Da Domenico di Michelino e la sua stupenda opera: i tre regni di Dante fino a Hieronimus Bosch passando attraverso Emilio Ambron. In calce il video dell'Intervista.È pacato e semplice il Dante di Domenico di Michelino. Allievo del Beato Angelico ma molto vicino nello stile ad Alesso Baldovinetti, che lo aiutò nel disegno di questa tavola. Dante campeggia in mezzo ai tre regni da lui narrati e “attraversati” nella divina Commedia. Non un viaggio fantastico ma un viaggio interiore che annoda sapientemente la vita teologale, la teologia della Chiesa e la vita sociale del suo tempo. È particolare la disposizione dei regni pensata da Domenico di Michelino. Inferno e paradiso si fronteggiano uno a sinistra, l’altro a destra. L’inferno è un’apparente città, ma dentro è fuoco e roccia, con un percorso tortuoso che si snoda sprofondando negli Inferi. Il paradiso è la città turrita, le cui porte aperte rivelano al suo interno torri, cupola e campanili. La città è Firenze e la Chiesa è Santa Maria del Fiore che Dante vide sorgere; nella tavola del Michelino è espressa tutta l’idealizzazione medievale della città e ancor più della cittadella fortificata, quale estensione dell’Hortus Conclusus, in cui vivere la fede.
Al centro della composizione il monte del Purgatorio con le sue cornici e in alto il giardino dell’Eden, il vero hortus conculusus divino, dove Adamo ed Eva stanno ai lati dell’albero della vita sopra il quale spunta come frutto maturo della Redenzione l’Eucaristia.
Se Dante indica l’Inferno, volge però lo sguardo al Paradiso, la cui città porta le insegne del Redentore: il Leone della Tribù di Giuda e l’angelo dell’Apocalisse: qui è diretta l’umanità e a quella città deve tendere ogni anima umana.
La tavola di Domenico di Michelucci sigilla il commento dantesco con un cielo stellato stupendo. La divina commedia è condotta dal cantus firmus del desiderio, nel senso etimologico profondo del de-sidera: andar verso le stelle. Le stelle sigillano, del resto i passaggi tra un regno e l’altro. I piedi di Dante sono qui rappresentati vicini alla bocca dell’Inferno, laddove il poeta, dirigendosi verso il purgatorio canta: E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Così nel lasciare la candida montagna del Purgatorio, Dante ormai purificato e pronto per esser condotta da Beatrice si dichiara appunto: puro e disposto a salire alle stelle. E al termine del poema, dopo aver attraversato il Paradiso con i cieli dei cieli, Dante conclude con quella che può essere considerata la sigla del cammino cristiano: l’amor che move il sole e l’altre stelle.
Tra tutti i tre regni, del resto, è proprio il purgatorio che punta verso il Cielo, è lì per quanto doloroso possa essere, che l’uomo impara quell’Amore che sgorgando dalla croce insegna a muover gli animi verso la verità e la luce, così come move il sol e l’altre stelle.
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