Una dimora tra le case degli uomini
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C'è il mondo fuori, il centro città, con il suo vociare: tutti parlano.
C'è un mondo sammarinese da rievangelizzare e noi siamo qui: ferme e in silenzio.
Non usciamo, se non per appuntamenti col Vescovo o celebrazioni importanti; Gesù è solo in chiesa, solo con la monaca adoratrice.
Improvvisamente entra una giovane donna, s’inginocchia, prende la testa fra le mani... osservandola mi rendo sempre più conto dell'importanza di un luogo in cui riposare, di un luogo in cui l'uomo possa mettersi in ginocchio e sussurrare quelle parole segrete, preghiere spontanee ed improvvisate, colloqui nascosti, in un dialogo pieno di pudore e senza timore.
Un posto stabile, dove uno possa essere sicuro che almeno esiste una dimensione sacra che non sfugge al tempo, perché giubila già dell'eterno.
Carissime sorelle contemplative, sapete bene che anche la vostra, come ogni altra forma di vita consacrata «è dono alla Chiesa » […] radicale ed esigente. Reso tale anche dalla scelta di rinuncia anche «allo spazio, ai contatti, a tanti beni del creato […] come modo particolare di donare il “corpo”». L’aver scelto una vita di stabilità diventa segno eloquente di fedeltà per il nostro mondo globalizzato e abituato a spostamenti sempre più rapidi e facili, con il rischio di non mettere mai radici. (Vultum Dei Quaerere- Papa Francesco 35-37)
La stabilità come casa sulla roccia per ripetere col Signore, a chiunque: «vieni e vedi»
Stabilitas come opera di misericordia spirituale, nella carità della vera natura dell'uomo, quella di fare spazio a Dio. Lo spazio sacrificato affinché i nostri fratelli uomini scoprano l'ampiezza l' altezza e la profondità di Cristo. Il giardino chiuso, affinché il creato sia (prima ancora che casa comune), opera della creazione uscita dalla sapienza del Padre e si torni a guardare un fiore col Timor di Dio nel cuore.
Una solitudine affinché nasca la vera esperienza di compimento dell'uomo e della donna, nella comunione che rende sereni anche i rapporti con gli altri.
La verginità come dono dello Spirito, testimone di fedeltà e di unità.
Un luogo dove riposarsi, per ascoltarsi e prendersi fra le mani, per volersi bene, sapendo che Gesù è il primo ad amarci; un luogo che porta una tradizione di fede e di speranza, una memoria millenaria di carità, nata dal popolo fedele al Signore, unito ai suoi frati.
È così vero e concreto questo che le porte della chiesa sono rimaste aperte quando alla comunità maschile sono subentrate le Adoratrici: una sorgente, l'Ostensorio, dove si purificano le acque dell’esistenza. Tutti lì, intorno a Gesù, monache e laici, come desiderava Madre Maddalena dell'Incarnazione, che ha dato la vita per questo scopo. «La missione si impara in casa, non si apprende fuori. Come uno che nasce dal ventre di sua madre, per uscire ed andare lontano, lontano, anche sulla luna» ha detto don Giussani una volta.
Una dimora tra le case degli uomini, tra le cose degli uomini, perché davanti al Signore ogni esistenza riprenda il suo senso più vero.