Il Credo fra Bibbia e Arte: Incarnazione - 2

Tra le annunciazioni che ci raccontano la concezione del Verbo mediante lo Spirito, quella di Robert Campin (Maestro di Flémalle), nel Trittico di Mèrode, è certamente una tra le più originali.
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Gesù il Cristo, il Salvatore nel Trittico di Merode
L’istante in cui il Verbo di Dio si è fatto carne, così tenacemente fissato nel credo come uno dei cardini della fede cristiana, è illustrato in modo veramente unico in un’opera del XV secolo (1427) nota come il Trittico di Mèrode ed opera del cosiddetto Maestro di Flèemalle che molti individuano in Robert Campin.
Del Trittico, che sviluppa un primo pannello con i committenti intenti a sbirciare dentro la porta del Mistero, come pastori della primissima ora (dal momento che il secondo pannello narra non della nascita del Verbo, ma dell’Annunciazione alla Vergine Maria) e un terzo pannello con San Giuseppe colto al desco del falegname intento nel suo lavoro. Va notato che nessuna porta (a differenza dei due committenti, lo mette in comunicazione con la stanza della Vergine, quasi a sottolineare la sua estraneità rispetto al concepimento della Promessa Sposa. Giuseppe inoltre lavora a una trappola per topi, rifermento implicito a un passo di Sant’Agostino, che paragona Cristo a una trappola per il peccato. Tutta la scena di Giuseppe è densa di particolare, vogliamo tuttavia soffermarci soprattutto sul pannello centrale, quello appunto dell’annunciazione.

Il pannello centrale fotografa una casa nordica, tipicamente fiamminga, ricca di particolari simbolici, teatro del Mistero più grande, quello che tuttavia –come vedremo - può sfuggire.

È forse proprio la ridondanza di particolari, tutti significativi e per nulla casuali a rendere ancora più difficile il riconoscimento dell’indicibile che qui viene descritto.
Colpisce anzitutto il tavolo per la prospettiva ardita, che sembra letteralmente rovesciare gli oggetti (appoggiati sul medesimo) verso lo spettatore. Segno evidente che questi elementi sono fondamentali per riconoscere l’ora che qui accade.

Vi scorgiamo anzitutto un vaso bianco con dei fregi azzurri, nella greca distinguiamo dei caratteri che potrebbero rimandare tanto al greco che all’ebraico. L’arte, almeno fino dal XII fino al XVI secolo, è disseminata di fregi con iscrizioni definite Pseudo-cufiche - dalla città di Kufa, culla della cultura araba – proprio perché riprendevano caratteri arabo semitici.
Qui le lettere, come già evidenziato, rimandano tanto al greco che all’ebraico. Viene da pensare al saluto dell’angelo: «kaire ke karitomene!» cioè: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te!». Karie significa Rallegrati! Un saluto che rimanda all’annuncio profetico: Rallegrati Gerusalemme, viene il tuo Dio! (cfr: Is 66,10; sof 3,14; Zc 2,14)
E poi Karitomene vale a dire: Ricolmata di grazia! Un saluto che tradotto in ebraico diventa: Rallegrati Tu che possiedi già la pienezza dello shalom (con tutto ciò che il vocabolo shalom suppone)!
Dunque quel vaso dice che è giunto il tempo dello shalom, il tempo del Messia. Dal vaso poi si elevano tre gigli, il giglio simbolo di purezza e il tre rimando alla Trinità. La grazia di cui questa donna, vergine e pura, è ricolma viene dall’Eterno che grazie all’incarnazione sta rivelando la sua identità di Dio Unico sì, ma Trino.

Sul tavolo vediamo anche una bugia con una candela che proprio in quel momento si sta spegnendo. La candela spenta o prossima a spegnersi è molto frequente nelle annunciazioni fiamminghe, qui ne troviamo un’altra spenta proprio sopra il caminetto. I fiamminghi aggiungevano al gusto descrittivo del particolare domestico, la certezza che ogni cosa nella vita non è casuale ma porta a Dio e parla di Dio.
Qui la candela si spegne per il sopraggiungere dell’angelo e perché viene a indicare anch’essa che il tempo è compiuto: siamo nella pienezza dei tempi, quella appunto implicitamente contenuta nell’articolo del credo: Gesù concepito di Spirito Santo nacque da Maria Vergine.

Analoghi significati simbolici si ravvisano negli elementi presenti sulla parete di fondo.
Il pozzo per tutto l’antico testamento è il luogo delle nozze, il luogo dell’amore. Spesso l’annunciazione – specie nella tradizione orientale – viene ambientata davanti a un pozzo a dire che con l’annuncio alla Vergine si giunge al compimento delle nozze annunciate dai profeti. L’arrivo del sabato (e con il sabato del Messia) in ambito ebraico è, del resto, salutato come l’arrivo della sposa, cioè il compimento delle nozze per Israele.

La lucentezza del tegame di rame e il biancore del panno (che riprende nelle trame lo stesso azzurro delle decorazioni del vaso) indicano la purezza di Maria, la sua immacolata concezione, prevista da Dio proprio per quelle nozze.
La finestra aperta con le evidenti imposte di legno scuro è un rimando alla luce divina che per questo annuncio irromperà nel mondo. Le imposte sono il segno del legno della croce mediante il quale si riapriranno per noi le porte del Paradiso.

L'angelo che irrompe nella stanza reca la stola da diacono, egli è chiaramente inviato per un servizio divino. Il servizio è l'annuncio della maternità a questa singolarissima Vergine, ed è accuratamente rappresentato -come abbiamo visto- dagli oggetti in scena. In particolare quelli i colori dell'abito dell'angelo: la brocca, i gigli, il panno bianco appeso alla parete, delineano la natura di questa Vergine e di questo concepimento. L'arrivo dell'Angelo, che non sembra essere immediatamente notato da Maria, non solo spegne la candela ma fa girare repentinamente le pagine della, Sacra Scrittura posta sul tavolo. Viene così indicato che nella salutazione angelica si attua il totale compimento delle profezie.

Le Scritture sono il luogo della contemplazione della Madonna che appare tutta intenta nella meditazione.
L'abito della Vergine è vistosamente rosso, l'unica macchia rossa così estesa di tutto il Trittico. Nella stanza di Nazaret, il rosso appare soltanto nel supporto a cui sta appeso il panno bianco alla parete e anche Maria regge la Parola tenendola, avvolta in un panno bianco. Si crea in questo modo un dialogo, fra quel panno che dice l'illibatezza di Maria e il supporto rosso che indica la carità di Dio che ha voluto questo per salvare l'uomo dai suoi peccati. In Maria l'opera della carità divina si compie, per questo è tutta rossa, e la sua purezza non è solo dovuta all'illibatezza del suo corpo bensì all'adesione devota e sincera alla parola di Dio. Un tempo quando si porgeva ad un sovrano un dono particolarmente pregiato si avvolgeva il dono in un panno per rispetto e del dono e del sovrano che lo riceveva. Così Maria avvolge la Parola, é il dono più grande per lei e costituisce il mezzo del suo rapporto con l'Eterno. Ma ora anche questo rapporto troverà compimento: il Verbo si farà carne in lei. La stella che videro i Magi risplende qui sul abito di Maria proprio in corrispondenza del suo grembo verginale.
Le due finestre ovali, così piccole, non sembrano essere all'origine della luce che la invade, una luce che infiamma anche le ali dell'angelo Gabriele. Notiamo però che da una delle due finestrelle penetrano dei raggi di luce. Sono sette.

Ci accorgiamo forse solo ora che qui non c'è la classica colomba dello spirito Santo che coprì Maria con la sua ombra luminosa, qui ci sono soltanto sette raggi, ma dentro ai sette raggi una figurina.
Ecco dove tutta la narrazione pittorica dispiegata in mille particolari aveva il suo centro: questa piccola figura è il Cristo Bambino che a cavallo dei raggi dello Spirito penetra nel grembo di Maria.
Un altro particolare ci sorprende: il Bambino reca con sé la croce.
Quest'opera illustra mirabilmente il terzo articolo del credo (fu concepito di Spirto Santo e nacque da Maria Vergine). Da un lato perché la presenza di Cristo Bambino rende evidente in uno stesso istante concepimento e nascita, dall'altro perché, portando la croce, Cristo si annuncia già come colui che patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto, oggetto del successivo articolo del Credo.