Il credo fra bibbia e arte: Pilato e la verità.

Certo noi trascuriamo la fondamentale importanza del nome di Ponzio Pilato, così inoppurtunamente entrato nella solennità dei dodici articoli del Credo. un nome sconosciuto ai libri di storia ufficiali e divenuto famoso soltanto per il Vangelo. Oggi, noi, spettatori di un nuovo processo alla Cristo e alla sua Chiesa possiamo comprenderne la forza.
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Un altro autore, che si è cimentato nella raffigurazione degli articoli del credo Apostolico, è Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta, artista senese (pittore, scultore e orafo), nato nel 1410 e morto nel 1480. Nel Battistero di Siena attorno al 1450 egli affresca le volte della seconda campata con gli articoli del Credo.
All’interno di una campitura triangolare il quarto articolo: «patì sotto Ponzio pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto», viene raffigurato con una serie di scene, armonicamente sviluppate attorno a un patio che rappresenta il Pretorio. Sotto il patio, al centro, abbiamo Cristo flagellato alla colonna e, sopra un ideale trono cui si accede mediante tre gradini, Pilato assiste alla scena. All’esterno del patio, a sinistra, abbiamo una donna, forse la committente o più semplicemente l’anima credente che, contemplando la scena, esprime la sua professione di fede con la parola: «Credo». Nello spazio triangolare la parte alta dell’affresco è occupata dal Cristo crocifisso; la base della croce poggia proprio sopra il tetto del patio della flagellazione. Dall’altro lato, sempre all’esterno, si trova il sepolcro con il Cristo ivi deposto e avvolto dal lenzuolo.
Sorprende che nella scena della flagellazione, Lorenzo di Pietro, non raffiguri altra persona (non i flagellatori, ad esempio) all’infuori di Pilato. Il motivo sta non solo nella menzione di questo nome nell’articolo del credo, ma anche nella sua importanza storica.
Noi oggi, infatti, trascuriamo la fondamentale importanza di questo nome: Ponzio Pilato, un nome sconosciuto ai libri di storia ufficiali e divenuto famoso soltanto per il Vangelo.

Nella solennità degli articoli del credo che abbiamo fin qui declinato: «Credo in Dio Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra e in Gesù Cristo suo unico figlio e nostro Signore, il quale fu concepito di Spirito Santo e nacque da Maria Vergine», in una tale sobria, eppur sontuosa declinazione di articoli, come ha mai potuto entrare un nome tanto oscuro come quello di Ponzio Pilato?
Un funzionario romano confinato in una terra, quella di Palestina, che per la grande Roma doveva risultare barbara e scomoda, come ha potuto ritagliarsi un posto nel credo ed essere citato innumerevoli volte dalla storia dell'arte cristiana al punto da divenire proverbiale? Non diciamo noi forse «se n'é lavato le mani», intendendo così denunciare colui che pur potendo intervenire in una questione grave si comporta alla maniera di Ponzio Pilato?
Ebbene Pilato entra a pieno titolo nel credo e in tutte le rievocazioni della passione di Gesù perché rappresenta la garanzia della storicità di Gesù. Gesù, il Cristo, non è finzione letteraria, personaggio creato dalla fantasia di chi, disperato, aveva assolutamente bisogno di fabbricarsi un Redentore. Gesù è vissuto davvero nella Palestina occupata dai romani nel primo secolo dell'era volgare, sotto un governatore inviato da Roma di nome Ponzio Pilato.
Giovanni, fra gli evangelisti è quello che maggiormente si sofferma sul rapporto che Gesù, proprio nell'ora della sua passione, ebbe con Pilato. Tutto il dialogo fra Gesù e Pilato, in Giovanni, verte attorno ad una domanda lapidaria fatta dallo stesso governatore: che cos'è la verità?
Se al quarto vangelo è sotteso un grande processo intentato contro Gesù è evidente che qui, nel Pretorio, il processo giunge al suo culmine: Cristo è finalmente in mano a chi lo può assolvere o condannare, rimandare libero o mandarlo in croce. I giudei questo lo sapevano e perciò attendono fuori dal pretorio con ansia.
Ma dentro al Pretorio le sorti si capovolgono, Pilato abituato a giudicare si sente ad un certo punto giudicato da questo singolare "malfattore": Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Tu sei il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo
da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?». Pilato rispose: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù»
(Gv. 18, 33-36).
Ed è all'interno di questo dialogo - in cui Gesù per la prima volta rivela ad un funzionario pagano la sua vera identità: egli è il Re dei re, il Signore dei signori - che scaturisce la domanda fondamentale: Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». Gli dice Pilato: «Che cos'è la verità?» ( Gv. 18, 37-38).

Matthias Stomer, artista olandese, attivo a Palermo e di matrice caravaggesca, ha scattato il fotogramma di questo stesso istante, in modo straordinario. Alla luce di una lampada egli coglie l'istante in cui Pilato esprime la domanda: che cos'è la verità. È un attimo eterno perché, di fatto, il Vangelo lascia questa domanda aperta e senza risposta.
Pilato non è vestito alla moda romana, non è sbarbato e con la classica toga romana, ma può essere qui scambiato per il sommo sacerdote Caifa, o per Anna e invece il titolo recita proprio così: Cristo davanti a Pilato. Perché Matthias Stomer ha vestito Pilato in quel modo, diremmo orientale? Perché nella domanda di Pilato si nasconde la domanda di tutti, romani, ebrei, arabi. In quel Pilato c'è Caifa, Anna, Erode, ci sono gli infiniti Pilato, Anna, Caifa, Erode della storia umana. Ci siamo noi con le nostre vesti brune, così terrosi, sempre, eppure così bisognosi di una luce che rischiari la nostra opacità.
E la luce, Stomer, la pone ben in vista: non può restare nascosta una lucerna, ma la si pone sul candelabro perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Non può restare nascosta la verità, ma emerge in tutta la sua chiarezza non appena lo spirito della menzogna esaurisce le sue forze. Cristo, dunque, non può restare nascosto. È vero: è un Cristo legato, messo alla berlina della storia, è un Cristo nudo, disarmato, proprio come il Cristo di Stomer, ma Cristo resta la verità che illumina, cosî come in questo dipinto la vera luce viene da lui e non dalla lucerna.
Pilato ha parlato, ha già espresso la sua domanda e rimane immobile, in attesa, con la mano sul cuore. Il volto non rivela la sua adesione a Cristo, rimane il volto del dubbioso del ricercatore aperto, ma pieno di riserve.
Cristo invece ha le labbra aperte, sembra in procinto di replicare, ma non ci è dato di conoscere come. Ciò che conosciamo è l'esile canna che tiene fra le mani, una freccia puntata verso la luce. Una canna che preannuncia già il legno della croce, come il manto rosso preannuncia il sangue che dovrà versare e le corde raccontano di lui come agnello, mansueto condotto al macello.
Quid est veritas? Che cos'è la verità? Est vir qui adest, corregge, anagrammando la frase latina, la tradizione medievale: è l'uomo che sta davanti a te. La verità non è «cosa» è «persona», la verità nella Chiesa è una relazione, per questo il credo, dopo aver parlato del Mistero di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo, ci narra dell'uomo Cristo Gesù, del Dio fatto uomo, Figlio di Dio e figlio di Maria, concepito di spirito Santo eppure sottoposto al giudizio degli uomini, Pilato, sotto al cui governo ha patito, è stato crocifisso, è morto e venne sepolto.
Perciò Cristo, pur avendo la bocca semi aperta, non parla, perciò secondo l'evangelista Giovanni, non proferisce parola a Pilato in risposta alla sua domanda, perché egli è il Verbo, è la Verità e la Vita che i Pilato della storia dovrebbero costantemente cercare. Non una verità intellettuale, professa la nostra fede, ma una persona: Quid est veritas? Est vir qui adest.


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