Amore e verginità nella trasgressiva Etty Hillesum
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Etty Hillesum anno di nascita 1914. Fosse viva sarebbe bisnonna, eppure la sua inquietudine, le sue scelte estreme la rendono vicina, vicinissima a noi, ai nostri giovani. Ebrea, ma non praticante, figlia di madre russa, parlava il russo come una seconda lingua. Nel 1941, anno in cui inizia il suo Diario, vive ad Amsterdam, ma non con la famiglia. Etty abita al numero 6 di via Gabriel Metsustraat, con le finestre che davano su una delle piazze principali, il Museumplein, prospiciente al Rijksmuseum. La casa è di Han Wegerif, un uomo di 21 anni maggiore di lei con quattro figli, uno della stessa età di Etty. Da quest’uomo ebbe un figlio e abortì, ma proprio nel dramma di quei giorni, siamo all’inizio del 1941, mentre lo spazio per gli ebrei nella città si riduce pesantemente, Etty incontra un ebreo tedesco, Jules Spyer.
Spyer, amico di Jung, aveva fondato la psicochirologia, una scienza che vuole studiare la psiche umana a partire dalla configurazione della mano, dalle sue linee. Un uomo particolare, certamente, di grande intuito e di grande intelligenza. Quest’uomo è cristiano. Etty, che piano piano ne rimane affascinata fino ad innamorarsene, lo scorge un giorno mentre prega. Lo vede, dalla fessura di una porta lasciata distrattamente socchiusa, in ginocchio, tutto raccolto nel suo Dio. Il suo Diario, quello vero, quello che racconta la sua anima straordinaria comincia da qui, da questo momento. Lo scrive lei stessa:
Com’è strana la mia storia – la storia della ragazza che non sapeva inginocchiarsi. O con una variante: della ragazza che aveva imparato a pregare. È il mio gesto più intimo, ancora più intimo dei gesti che ho per un uomo (Diario, 1941-1943)
Etty scopre che si può amare intensamente pregando. La sua affettività, prima vorace e disordinata, comincia ad essere incanalata dentro un’etica che non è semplicemente morale, ma è più profondamente reale compimento della persona. In questo modo tutta la sua carica affettiva rivela lo straordinario potenziale capace di produrre le più belle pagine sull’amore che possano essere date:
Per quanto possa sembrare paradossale: quando si punta troppo sull’unione fisica, quando s’investono tutte le proprie energie nel desiderio della persona amata, in fondo le si fa torto: perché allora non rimangono più forze per essere veramente con lei. Rileggerò sant’Agostino. È così austero e così ardente. E così appassionato, si abbandona così completamente nelle sue lettere d’amore a Dio. In fondo, quelle a Dio sono le uniche lettere d’amore che si dovrebbero scrivere. Sono presuntuosa a dire che possiedo troppo amore per darlo a una persona sola? Chissà se la gente imparerà che l’amore per la persona reca assai più felicità e buoni frutti che l’amore per il sesso, e che questo priva di linfe vitali la comunità degli uomini? (Diario, 9 ottobre 1942)
Etty, che pure aveva perso la sua verginità, scopre e vive l’amore verginale che non coincide con l’integrità fisica, ma nasce dalla purezza e dalla carica oblativa del cuore:
Perché non si potrebbe trasformare quell’amore che non si può scaricare sull’uno o sull’altro sesso in forza che torni a profitto della comunità degli uomini, e che forse si potrebbe anche chiamare amore? (Diario, 20 settembre 1942. Domenica sera)
Oh lasciar completamente libera una persona che si ama, lasciarla del tutto libera di fare la sua vita, è la cosa più difficile che ci sia (Diario, 4 luglio 1942. Sabato mattina).
Tornano alla mente alcune osservazioni di don Giussani fatte alle novizie (in Affezione e Dimora):
L’affettività va vissuta nella sua verità perché l’affettività, se non è veramente vera, non ti fa guardare l’altro secondo il suo destino (Affezione e Dimora. Quasi Tischreden, pag. 63).
Quanto più tu ami una presenza come segno della grande Presenza, tanto più, amando questa presenza, desideri e aspetti che si riveli la grande Presenza (Affezione e Dimora. Quasi Tischreden, pag. 47).
Insomma, amare l’altro per l’altro e non amarlo per sé. Amare l’altro per come vuole essere amato e non per soddisfare il proprio vuoto, questa è la grande lezione verginale della trasgressiva Etty Hillesum.