Fede e cultura in Paolo VI

Uno sguardo nuovo su un Papa incompreso
Autore:
Zuntini, sr Maria Karola
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Malgrado avessi solo 8 anni quel lontano 6 agosto 1978, la figura ascetica e nobile di Papa Paolo VI mi è sempre rimasta impressa, suscitando dentro di me il desiderio di conoscerlo. Per quanto ciò sia avvenuto quasi in punta di piedi, ho imparato presto ad amarlo.

Credo che Papa Montini insegni oggi, più che mai, ad affrontare il discorso del rapporto fede-cultura in una maniera semplice, nitida e soprattutto leale.
Innanzitutto l’ex cardinale arcivescovo di Milano era un uomo coltissimo: poi, per ovvie ragioni storiche, egli visse nel periodo di chiusura dei lavori del Concilio Vaticano II, prendendo in mano le sorti di una Chiesa che si apriva con benevolenza al mondo contemporaneo. Il motivo, però, che lo rende maestro di fede e di cultura è fondamentalmente questo: Paolo VI era un uomo spirituale, ossia interiormente unificato: come un monaco che, attraverso un’ascesi personale silenziosa e discreta, impara a dominare se stesso e quindi supera le scissioni dello spirito.
Per questo è in grado di venire in soccorso dell’umanità ferita e gravemente lacerata al suo interno.
Papa poco compreso, anche dagli stessi uomini di Chiesa, il Pontefice bresciano ebbe il privilegio di essere profeta dentro il suo tempo: Egli ha ascoltato le voci della cultura attuale con tale passione evangelica e con tale finezza critica da cogliere il momento trepido in cui esse trapassano dalla sicurezza all’inquietudine, dall’affermazione all’implorazione, dall’analisi delle cose e delle vicende storiche alla ricerca del Mistero (Carlo Maria Martini: Montini alla luce di san Carlo, articolo pubblicato sull’Osservatore Romano del 5 agosto 1984, in occasione del sesto anniversario della morte di Paolo VI).
Come non scorgere in filigrana un parallelismo col Magistero illuminato di Papa Ratzinger?
Basti pensare alla Caritas in Veritate, scritta in continuità con la Populorum Progressio, solo per citare l’esempio più recente.
Benedetto XVI e Paolo VI ci insegnano che di fronte alla selva di pregiudizi, alla complessità del reale ed alla tortuosità dei concetti, l’unico modo di rispondere in maniera ancora umana è la fede in Gesù Cristo, morto e risorto per l’uomo.
Se la filosofia laicista rifiuta il confronto con la fede cristiana, eliminandola dagli ambiti del pensiero, questi due Papi dialogano con tutti, credenti e non, senza arroganza e senza paura, forti di una Verità che non viene dalla mera intelligenza umana, che non si danno loro, ma che ricevono ogni giorno dall’Alto.
Nella Lettera ai Corinzi Paolo attesta che l’uomo spirituale giudica tutto ma non è giudicato da nessuno. Paolo Vi ha ripercorso le orme dell’Apostolo delle genti di nome e di fatto!
Come Paolo ha vissuto “la sua passione” per salvare ad ogni costo le anime, perché oltre ogni limite e bruttura, oltre al dubbio sistematico e nichilista, emergesse limpida la figura di Cristo, Unico Salvatore dell’uomo. Tu sei stato un credente ed un maestro della fede, che ha parlato non solo all’uomo d’oggi, ma da uomo d’oggi (ibidem).
Sì, quando la fede è matura e limpida riesce ad esprimersi ovunque, perfino durante l’epoca dell’incredulità e del disincanto; tutto il problema umano, infatti, si riassume nel problema del credere.
Ecco il ritratto più vero di Papa Montini, che forse solo adesso riusciamo a capire ed ad apprezzare: È stata così interiore, così criticamente sofferta la tua assimilazione della cultura contemporanea, ad permettere di scoprire in essa la nostalgia, le contraddizioni, le brecce segrete attraverso le quali aprirsi all’annuncio della fede (ibidem).

Chiediamo allora a questo grandissimo Vicario di Cristo che aiuti coloro che non ascoltano più la Voce di Benedetto a riscoprire la grandezza di un insegnamento carico di carità e di verità.