L'albero e il barattolo

Un nostro lettore (A. Ianni) ci ha segnalato la storia incredibile di Irena Sendler. L'ingiustizia di un premio Nobel mancato. La bellezza di una donna che ha reso il mondo migliore.
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Quando entri nello Yad Vashem trattieni il fiato per la commozione. La gente è sempre tantissima eppure regna un silenzio sovrano. La memoria ti prende per mano e ti conduce, con dignità e verità, dentro le storie di migliaia di uomini. Una di queste porta il nome di Irena Sendler, una donna, polacca, cattolica, infermiera. La sua vita rimane saldamente legata a 2500 bambini ebrei che ha sottratto alla furia nazista dentro una valigia. Una storia legata a un albero e a un barattolo: una storia incredibile.
Irena, nata nel 1910 in Polonia, lavorava come operatrice ufficiale del Dipartimento contro le malattie contagiose e per questo possedeva un lasciapassare che le consentiva di entrare nel Ghetto di Varsavia. I tedeschi la scansavano volentieri temendo il contagio.
Così lei, armata della sua autolettiga, trasportò fuori dal ghetto, a due a due, migliaia e migliaia di bambini. Per assicurare la salvezza a questi ragazzi cambiò loro il nome, conservando però la loro vera identità, accanto al nuovo nome, in barattoli di vetro che poi seppellì nel giardino di amici, sotto un albero di mele.
Irena nascondeva i bambini più grandi in grosse casse per gli attrezzi, coperti con sacchi di iuta. Teneva presso di sé un cane, addestrato ad abbaiare in presenza di nazisti.
Poi venne scoperta. Fu interrogata, torturata, le ruppero gambe e braccia, ma non rivelò i suoi piani, né parlò mai dell’albero di mele, dei vasetti di marmellata che celavano la vera identità dei bambini, dei complici che l’avevano aiutata, delle famiglie che avevano adottato i suoi piccoli evasi. Irena fu condannata a morte e scampò alla condanna grazie all’associazione clandestina Zegota che riuscì a corrompere – a insaputa di Irena – l’ufficiale incaricato dell’esecuzione.
A Irena, salva, toccò di leggere l’annuncio della sua morte, e rimase nascosta fino alla fine della guerra.
A causa delle torture subite, zoppicò tutta la vita accompagnandosi con un bastone. Eppure, ritrovata la libertà, dissotterrò i suoi vasetti di marmellata e si adoperò instancabilmente a che i bambini da lei salvati ritrovassero parenti e identità.
Irena è morta nel 2008 alla veneranda età di 98 anni. È stata proposta come Nobel per la pace ma la sua candidatura non è stata accettata. Eppure il premio è stato assegnato a uomini come: Henry Kissinger, Lech Walesa, Jimmy Carter, Al Gore, Barack Obama, Il dissidente cinese Liu Xiaobo…
Di quale qualità è la pace che il premio commemora? La domanda rimane aperta, mentre la storia – quella vera – la fanno donne come Irena Sendler: la sua memoria è in benedizione.
Non si può non pensare a lei, quando nello Yad Vashem visiti il padiglione dei bambini: lì entri in una notte senza confini dove una voce, instancabile, pronuncia nome, nazionalità ed età di migliaia e migliaia di bambini, quelli che non hanno potuto trovare rifugio sotto il melo di Irena, nel barattolo di marmellata.


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