L'ecumenismo del perdono

Due film che aiutano a entrare nel cuore della preghiera per l'unità dei cristiani
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Due film da vedere in occasione della Settimana dell’Unità dei Cristiani. Due film che possono aiutare a comprendere che laddove c’è una reale esperienza di fede, dove l’adesione a Dio è sincera, non ci sono barriere: là c’è Cristo e la sua Chiesa.

Il primo, dal titolo «La punta della Lancia» è del 2005, un film nato in ambito protestante che narra la vicenda di alcuni pastori evangelici missionari in Ecuador.
Nel profondo della foresta amazzonica vivono due tribù nemiche da tempi immemorabili. Le brevi sequenze lasciano intendere che dietro ogni famiglia di quella tribù c’è una storia di vendetta e di sangue che sembra non avere fine. Alcuni missionari evangelici con le loro famiglie studiano il modo per entrare in rapporto con quegli indios. Ci riescono, alla fine, catturando la loro attenzione con il loro bimotore che meraviglia e affascina questi uomini non avvezzi alle meraviglie della scienza e della tecnica. Quando pensano di aver conquistato la loro fiducia i tre pastori osano scendere ad incontrarli. Purtroppo le loro attese si rivelano ottimistiche e gli indios, impauriti, li trucidano.
Il protagonista del film è il figlio di uno di questi martiri. Il padre lo prepara all’eventualità della sua morte inculcando nel ragazzo la necessità del perdono e del dare la vita, purché gli uomini conoscano la legge dell’amore, che Cristo e la sua croce hanno portato. Purtroppo le recensioni ufficiali (si veda la scheda del film), diffuse anche in Internet circa il “tenore” del film, puntualizzano soprattutto l’opera di civilizzazione dei missionari, mentre non è il cuore del racconto. Per questo, forse, vale la pena acquistare la versione del film con due Dvd, perché - nel secondo - è possibile vedere il filmato della storia vera da cui il film è tratto.

L’altra pellicola, del 2006, nasce in ambito ortodosso e in italiano s’intitola: «L’Isola». Se il primo rimane un film d’azione, il secondo va guardato in silenzio gustando i dialoghi brevi e la bellissima fotografia. È un film lento da meditare e però, nel contempo accattivante e coinvolgente.
L’inizio del film è drammatico. Due russi: un ufficiale e un marinaio, vengono scoperti dai tedeschi. Il marinaio, catturato per primo, è costretto a rivelare dove sia l’ufficiale e dopo averlo scovato viene obbligato a sparargli. I tedeschi lo lasciano in vita per poi minare tutto l’isolotto su cui si trovava l’uomo. Ma il marinaio si salva e, ritrovato ed accudito da alcuni monaci, si aggrega alla comunità. La sua vita monastica è segnata da quell’episodio per il quale egli conduce in monastero una vita tutta particolare, “strana” agli stessi monaci. Egli, pur nella sua follia, riuscirà a condurre tutti quelli che incontra, compreso i confratelli e l’abate, alla verità del loro cuore. L’epilogo del film è straordinario e non va rivelato. I dialoghi sono costituiti soprattutto da citazioni bibliche ed evangeliche rendendo così con grande efficacia la pietà soda dei monaci d’oriente.

Le due storie, oltre ad essere la narrazione di fatti realmente accaduti, hanno in comune la sconcertante via che percorre il perdono, del tutto incomprensibile alle logiche umane. Risulta evidente che la fede in Cristo si misura sulla capacità di accettare fino in fondo le circostanze della vita, facendo di queste un trampolino di lancio. In entrambe le storie la croce accettata ed offerta, pur nella fatica e nel limite umano, diventa fonte di grazia per i protagonisti e per tutti quelli che ruotano attorno alla loro avventura umana.