La última cima

Un film che parla bene di un prete, che difende la famiglia e la vita fin dal suo concepimento. Un film che parla di vocazioni religiose nella Spagna zapateriana. Ma esiste davvero? Eccolo: La última cima.
Autore:
Monache dell'Adorazione Eucaristica
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Un film documentario con la regia di Juan Miguel Cotelo. Una pellicola controcorrente. Un film che parla bene di un prete. Un film costato solo 100.000 euro. Niente per un’operazione del genere. Ma quello che più conta una storia vera. Un santo dei nostri giorni. Se inseriamo nella ricerca di Google il nome di don Pablo Domínguez troveremo le solite notizie gossip: lui e lei morti in montagna. Sprofondati nella neve un parroco e una ragazza… eccetera eccetera. Le allusioni ve le risparmio.
Proprio perché ad alcuni è impossibile stare al proprio posto, non esiste nemmeno la possibilità di vivere un’amicizia normale senza compromissioni affettive scandalose, cioè sessuali. Perciò si fatica a credere che ci possano essere persone così, che oggi, nella loro vita, con la loro presenza, fanno miracoli.
La última cima è un film che racconta la vita di don Pablo (uno che non ha fatto nulla se non il prete), attraverso la vita dei suoi miracolati. E anche loro sono persone comuni, che non hanno fatto nulla se non essere ciò che hanno da essere: preti, mamme, consacrati, bambini ecc.

L’episodio più significativo raccontato nel film è quello di una mamma, Maria, che rimane in cinta. Mentre parla, Maria incanta per la semplice bellezza del suo volto. Una bellezza dolce e a tratti aggressiva che rivela il temperamento di una ragazza dei nostri giorni alle prese con un dolore più grande di lei. Questa mamma in attesa si accorge di avere in grembo un bimbo fortemente disabile. Tutti inneggiano all’aborto, chiamando in causa i pericoli che un parto così potrebbe comportare anche per la madre. Lei, pur nell’angoscia, chiama don Pablo Domínguez.
Don Pablo con il più disarmante dei sorrisi, ma con la fermezza di chi non ammette repliche la sprona a tenere il bambino, a pregare, a confidare in Dio: «A questo bimbo devi dare la possibilità di fare il suo percorso umano, non puoi decidere tu. Tu devi solo accompagnarlo stargli vicino. Tu sei madre».
Così lei tiene il bambino, lo chiama Juan, e con lui fa una straordinaria esperienza di Dio. Ogni giorno quella creatura in grembo le offriva una gioia inaudita: il sussulto di permettere al suo bambino di vivere attraverso di lei, attraverso il suo corpo i pochi giorni della sua esistenza terrena.
Viene il momento del parto, il bambino nasce. Una foto immortala l’evento e la felicità della madre e di don Pablo è al culmine. Pochi giorni dopo Juan riceve il battesimo e muore, ma quella morte è una festa, è la consapevolezza che il piccolo aveva fatto tutto quello che doveva fare, in questo mondo. Poco dopo la donna rimane in cinta di nuovo. Questa volta si tratta di una bambina. Don Pablo si riserva subito il diritto di battezzarla e dice alla madre che non sente altro nome per quella bimba che Blanca. «Le porterò - dice - quando nascerà, un fascio di fiori bianchi. Perché Blanca è il suo nome».
Viene il giorno del parto. Don Pablo non c’è; è andato in montagna. Una passione che ha avuto da sempre e che da sempre lo ha avvicinato a Dio. Di solito ci andava con il gruppo di parrocchiani più affiatati, quelli che seguiva personalmente dirigendo la loro vita. Questa volta quasi tutti avevano impegni e perciò don Pablo ci è andato solo con Sara de Jesús, una ragazza del gruppo.
Nel frattempo la Maria dà alla luce Blanca e tutto va nel migliore dei modi; mentre la riportano in corsia, arriva un ragazzo sconosciuto, porta un mazzo di fiori bianchi. Lei pensa subito a don Pablo, ma poco dopo la chiamano al cellulare: sono i comuni amici che la informano. Don Pablo è morto in montagna, proprio mentre lei stava partorendo. Nessuno seppe mai chi era il ragazzo che portò i fiori all’ospedale.

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