Pellegrino dentro il Mistero

Appunti su: I Racconti di un pellegrino
Autore:
Giacobbe, Teodora
Fonte:
CulturaCattolica.it
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«Pellegrino russo! In questo paese di immensi spazi, una vasta categoria di persone, chiamate stranniki, passava la vita visitando santuari, chiese, monasteri, il Monte Athos, la Terra santa» ¬(I Racconti di un Pellegrino Russo, Saggio introduttivo di Tomàs Spidlik, Città Nuova 1997).
L’immagine del pellegrino è l’immagine dell’uomo in cerca della strada che lo riporta a casa, alle origini. L’uomo porta scritto dentro di sé il senso dell’eternità; se così non fosse non avrebbe senso il vivere, e morire rimarrebbe una tragedia assurda. Eppure si fatica a comprendere che la negazione di Dio ha come conseguenza la negazione dell’esistenza dell’uomo. Che senso avrebbe vivere, lavorare, gioire o soffrire, amare se tutto fosse destinato a finire? Che senso avrebbe l’uomo, il suo esistere, senza il respiro dell’eternità? «Dio, a prescindere dai mille significati che questa parola può assumere, è oggetto della ricerca dell’uomo da sempre, perché significa Verità, Bene, Felicità, Giustizia, Amore, tutto ciò verso cui tendiamo, in un modo o nell’altro consapevoli o meno» (F. Agnoli, Perché non possiamo essere atei, PIEMME 2009).
La ricerca del pellegrino si fonda su una esortazione paolina: Pregate incessantemente (1Ts 5,17) divenuta fondamento della spiritualità orientale.
Se la preghiera è un moto del cuore che spinge l’uomo ad una relazione, l’avverbio incessantemente è l’invito a fare di ogni attimo di tempo, di ogni incontro, di ogni respiro della vita quotidiana il luogo dell’incontro col Mistero. È l’invito a restar dentro le cose, in una relazione che diviene scoperta, stupore, domanda, giudizio.
Il metodo della preghiera incessante è quello di legare la preghiera di Gesù (Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me) al battito del cuore, tanto da diventare inseparabile dalla vita. È il rimanere dentro il Mistero con tutto se stessi. Condizione necessaria è un cuore puro e uno sguardo semplice. Lo dice il pellegrino stesso nei suoi racconti: «Quando nello stesso tempo io pregavo nel profondo del cuore, tutto quello che mi circondava mi appariva sotto un aspetto meraviglioso: alberi, erbe, uccelli, terra, aria, luce, tutto mi sembrava dirmi che essi esistono per l’uomo, che attestano l’amore di Dio per l’uomo; tutto pregava, tutto cantava gloria al Signore».

Il pellegrino sta davanti agli eventi nell’umiltà del mendicante che tutto ha da ricevere. Ciò che accade è simbolo di un’altra realtà. Anche le vicende negative rimandano ad un bene maggiore perché - come afferma san Paolo - tutto concorre al bene per coloro che amano Dio. Il pellegrino sta dinnanzi alle persone che incontra (il guardaboschi, i soldati, il contadino, il povero e il ricco, il ladro e la gente dabbene, il saggio e l’ignorante) come chi deve imparare. Da tutti vuole imparare il Mistero; vuole essere condotto da chiunque dentro il Mistero che salva, al punto da diventare egli stesso, in molte circostanze Sacramento del Mistero. Accadde, ad esempio, con la ragazza che tentò di sedurlo con la sua sensualità, la quale fu condotta dagli eventi a convertirsi radicalmente abbracciando la vita monastica. Il pellegrino, ricercatore instancabile della verità, ne diviene il missionario.

In questo modo l’uomo di Dio, segue le orme di Cristo, solcando con la sua vita la stessa traccia della croce. Tuttavia è proprio perché il pellegrino permane in questo solco che va incontro a persecuzioni, calunnie, maldicenze, accuse. Va incontro, cioè le abbraccia, eppure rimane lieto. Perché? Perché ha legato la sua vita alle mani di un Altro. Perché è rimasto certo di questa Presenza scoprendo, come ebbe a dire il pastore luterano Dietrich Bonhoeffer nel carcere di Berlino che nei fatti c’è Dio (Resistenza e resa, 269).

Nella ricerca interiore della strada che lo porta a casa la voce dello Stranniki si confonde con quella del salmista: Sono canti per me i tuoi precetti, nella terra del mio pellegrinaggio (Ps 118).

Passo dopo passo egli compie il suo viaggio, nel mondo ma non del mondo (Gv 17). Da straniero eppure non da estraneo, il suo respiro, infatti, si fonde con quello di tutti gli uomini che nascono, lavorano, soffrono, muoiono, ma il battito del suo cuore ritma un andare sempre più oltre. Il pellegrino è un contemplativo che sta sotto lo stesso cielo, con gli altri, ma che de-sidera andare oltre le stelle, là dov’è la sua casa.

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