Un papa... Papà

Giovanni Paolo II, canonizzato oggi da Papa Francesco, con la presenza "storica" di Benedetto XVI, nei ricordi di Tina. Un papa che per molti di noi fu un padre, oltre che un maestro di vita e di fede.
Autore:
Giacometti, Annunziata
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Il beato Giovanni Paolo II è il mio Papa, nel senso che sono cresciuta con lui, soprattutto spiritualmente. Le sue parole, i suoi gesti, i suoi sguardi, i suoi viaggi di poche centinaia di metri dentro la mia Roma o addirittura intercontinentali, me l’hanno reso continuo punto di riferimento e riflessione. Le sue prime parole dopo l’elezione che hanno commosso il mondo, unite allo sguardo dei suoi occhi trasparenti, mi hanno immediatamente conquistata con la loro umiltà. Un’umiltà che non è mai venuta meno, anzi! Sia le testimonianze filmate pubbliche che quelle private rese note dopo la morte, non ci danno solo l’immagine vera del Vicario di Cristo in terra, ma dello stesso Cristo. Soprattutto negli ultimi tempi del suo pellegrinaggio terreno, non posso dimenticare il suo coraggio indomito di non lasciarsi fermare nella sua missione e nell’obbedienza a Dio neanche dalla malattia. Cristo non è sceso dalla Croce, pur potendolo fare, e non si è sottratto agli scherni o ai pietismi, perché ciò che doveva compiere era ben più importante di se stesso e neanche Giovanni Paolo II l’ha fatto. L’ho visto giovane con i giovani, nelle sue memorabili GMG; l’ho visto pregare con una intensità tale che lo rivelava spiritualmente Oltre; l’ho visto gridare contro i mafiosi e scomunicarli pubblicamente con un coraggio unico; l’ho visto alzarsi e scendere le scale per andare a ringraziare un cantante disabile che si era esibito per lui; l’ho visto portare la sua croce visibilissima su una carrozzina, ma continuare a compiere il suo ministero fino all’ultimo; l’ho visto faticare per inginocchiarsi ancora e ancora davanti a Gesù nella Santissima Eucarestia in un atto di adorazione. Ho pianto nel vedere il suo sforzo di parlare ancora al gregge che Gesù gli aveva affidato senza riuscire a farlo, poco prima di raggiungere Dio Padre in Cielo … e mi ha insegnato a non arrendermi mai, a dispetto della sofferenza e della debolezza umana, ma a sforzarmi sempre di seguire Cristo nel suo cammino.
È stato lui che, sollecitando più volte una diffusione dell’Adorazione Eucaristica, ha stimolato la nascita di una Scuola di preghiera per i giovani presso il Pontificio Seminario Maggiore a Roma, dove per la prima volta ho iniziato ad inginocchiarmi davanti a Gesù nascosto nel Santissimo Sacramento, ed ho imparato ad adorarlo riconoscendo in Lui la Presenza Reale del Corpo, Sangue ed Anima del mio Signore. E non sapevo, a quel tempo, che l’adorazione Eucaristica sarebbe diventata l’essenza stessa della mia vita. Ora, quei momenti di adorazione, preghiera, meditazione, catechesi e condivisione fraterna mi sono molto cari nel ricordo, e li devo a lui.
Con l’U.N.I.T.A.L.S.I., l’Unione Nazionale Italiana Trasporto Ammalati a Lourdes e altri Santuari Internazionali, l’Associazione ecclesiale che si occupa di aiutare i fratelli più deboli fisicamente o psicologicamente e di cui ho fatto parte per molti anni come Sorella di Assistenza, ho partecipato alla Celebrazione della Giornata Mondiale dell’ammalato, istituita proprio da Giovanni Paolo II nel giorno della festa della Madonna di Lourdes, nella Basilica di San Pietro. Al termine della celebrazione, egli era solito scendere e salutare uno per uno tutti gli ammalati presenti nell’immediata vicinanza dell’altare. La prima volta che vi partecipai ero piena di gioia al pensiero che anche io avrei potuto almeno vederlo da vicino, visto che ero addetta al servizio proprio sotto l’altare. Quando però è sceso, io mi sono dovuta occupare di un signore disabile che aveva bisogno di aiuto, e dentro di me fremevo, perché temevo che il Santo Padre passasse senza che io potessi almeno guardare i suoi occhi. Quale fu invece la mia gioia nel voltarmi e scoprire che il Papa si era fermato alle mie spalle e aveva aspettato che finissi la mia opera per salutarmi personalmente e darmi addirittura la mano! Fu un gesto di carità nei miei confronti, assolutamente non scontato e non dovuto, che mi ha colpito profondamente nell’anima. La foto che ci hanno scattato, ha immortalato il mio volto stupito per quell’attenzione che ha avuto nei miei confronti.
E poi è iniziata la sua Via Crucis finale, il suo Calvario si avviava al termine e la Luce di Dio si avvicinava a lui sempre più forte, sempre più attraente, ed io ero sotto la sua finestra con altri amici a pregare, in silenzio, perché quando il dolore è grande prega più il cuore che le labbra … fino all’epilogo, quando tutti i suoi figli piangevano la sua perdita e lui si univa finalmente alla beatitudine eterna di quel Dio che aveva fedelmente servito per tanti anni, sacerdote per sempre, Vicario di Cristo in terra e suo imitatore fino alla fine.
Al dolore per la sua perdita, si unì in me il dispiacere per non essere riuscita a richiedere in tempo un appuntamento personale con lui finché era in vita, perché volevo parlargli di alcune cose estremamente personali. Ma non ho fatto in tempo a finire il pensiero, che simultaneamente fui inondata da una grande gioia, perché mi resi conto che se prima avrei dovuto probabilmente aspettare mesi o anni per incontrarlo, ammesso che ci fossi riuscita, adesso invece era molto più semplice, perché mi avrebbe ascoltato sicuramente. E così fu. Dentro di me iniziò una silenziosa ma continua orazione a lui, esponendogli quanto era nel mio cuore. Non sono sicura se addirittura la notte stessa, comunque nell’immediatezza, lo sognai. Era bellissimo, vestito da Sommo Pontefice, relativamente giovane e molto luminoso. Nel sogno, al vederlo, mi alzai in piedi e piena di gioia inesprimibile gli dissi: «Santità, le volevo parlare! Ho bisogno del suo aiuto! Vorrei chiederle due grazie …». Lui mi guardò serio e mi rispose «Lo so. Te le faccio entrambe, una subito, per l’altra dovrai aspettare un po»”. Sapevo cosa intendeva: mi assicurava la sua intercessione presso l’Altissimo, ma per l’ultima avrei dovuto soffrire un po’… E così è stato. Certo, i nostri tempi sono diversi rispetto all’eternità del Cielo, per cui il “subito” della prima grazia si è tradotto in un’attesa di circa un anno e mezzo, per l’altra è stata di poco più di otto anni. Non sono delle grazie che avrebbero potuto elevarlo all’onore degli altari, ma per me, per la mia vita terrena e soprattutto quella eterna, sono state, l’ultima in particolare, importantissime.
L’ultima grazia me l’ha fatta quando è stato Beatificato, perché sono riuscita, nonostante situazioni avverse che non avrebbero dovuto consentirlo, a partecipare alla solenne celebrazione sul sagrato di piazza San Pietro e, alla fine della stessa, a rendere omaggio alla sua Salma subito e senza alcun problema. E adesso, nel mio cammino religioso, lo sento ancora più vicino a me e a tutta la mia comunità.