Nessuno è senza stella

Un pellegrinaggio interiore che si chiama adorazione
Autore:
Giacobbe, suor Maria Teodora
Fonte:
CulturaCattolica.it
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I Magi interrogavano le stelle, ma Colui che attendevano si è mostrato a loro sulla terra. Viso a viso, come uno di loro, anzi meno di loro. Il Re dei re, infatti, ha scelto un umile dimora per nascere ed il grembo di un umile ancella di Nazareth per incarnarsi.
Cosa avranno provato loro, i Magi, quando si prostrarono a contemplare la verità attesa e cercata? Forse la stessa gioia provata da quanti cercano il senso della vita, il motivo per cui sono nati e si scoprono figli amati, attesi e cercati da Dio.
Sì, anche Dio ci attende e ci cerca. Gesù è venuto proprio per dirci che Colui che ci ha pensati, fatti e plasmati ci attende. Per questo l’Epifania di Dio è - come qualcuno mi ha insegnato - Epifania dell’Uomo. L’uomo in Dio trova se stesso, la sua manifestazione, la sua Verità.
Per ognuno c’è un viaggio da compiere, per ciascuno c’è una stella da vedere e da contemplare. La stella scritta nel proprio cuore. Ogni tappa dell’esistenza fin dalla nascita, è segnata da una Verità che tuttavia è da cercare, da trovare, da accogliere. Nessuno è privo di quella stella. Nemmeno io.
La mia è la storia di una ricerca lunga e costante a volte affannosa, segnata da molte lacrime. Una ricerca velata: cercavo, volevo, desideravo, ma cosa? L’Amore. Tuttavia non sapevo ancora l’oggetto del mio desiderio. Sognavo una vita piena, che avesse qualcosa da raccontare, una vita di grandi cose. Non era il sogno di una adolescente, ma di una bambina che già si guardava intorno ed era scontenta. Piangeva perché tutto la deludeva, neppure l’amore dei genitori - benché genuino e presente - le bastava più. Piangevo anche da adolescente e da giovane poiché quello che mi si offriva non corrispondeva al desiderio del mio cuore.
Tuttavia mi accorsi che la Parola di Dio della Domenica, spezzata di settimana in settimana, andava delineando un percorso e la ricerca cominciò ad avere un volto: quello dell’amore. Un Amore che aveva un Nome. Mi fu indicata infatti, la via del servizio agli altri. L’abbracciai con gioia tuttavia, col tempo, mi resi conto che gli altri erano divenuti l’assoluto, l’oggetto del mio tempo e non il soggetto del mio cuore. Così l’animo rimaneva ancora deluso e assetato.
Un giorno la mie via s’imbatté nei Magi. Certo non quelli di duemila anni fa, ma quelli di oggi che inginocchiati dinnanzi a un’Ostia bianca mi indicavano la Stella. E quella stella era una Persona e quella Persona era la Via, era fonte di Verità, era la Vita.
Quell’Ostia bianca, incomprensibile segno di una Presenza, mi attirava e incontro dopo incontro, lasciava dentro me un’ impronta: quella del volto di Dio.
Quest’esperienza si coagulò, trovò forza e riscontro nelle parole che papa Benedetto rivolse ai giovai che stavano cercando la loro strada ( tra questi c’ero anch’io): «Qui nell'Ostia sacra Egli è davanti a noi e in mezzo a noi. Come allora, si vela misteriosamente in un santo silenzio e, come allora, proprio così svela il vero volto di Dio. Egli per noi si è fatto chicco di grano che cade in terra e muore e porta frutto fino alla fine del mondo (cfr Gv 12, 24). Egli è presente come allora in Betlemme. Ci invita a quel pellegrinaggio interiore che si chiama adorazione ».
Sì, la mia stella si chiama “adorazione” che è, come suggeriscono alcuni versi di Peguy lo stupore di un’Eternità Presente:
Egli è qui.
È qui come il primo giorno.
È qui tra di noi come il giorno della sua morte.
In eterno è qui tra di noi proprio come il primo giorno.
In eterno, tutti i giorni.
È qui fra di noi in tutti i giorni della sua eternità
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