Lui è con noi, oltre il mare dell’oblio
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Quello di Giovanni è il vangelo dello sguardo, un vangelo ricco di simboli. Tutta la narrazione giovannea è un guardare oltre, oltre il simbolo per giungere al vero, ed è un guardare dentro, dentro la realtà per scoprirne l’essenza.
Questo vangelo è una scuola per la nostra vita, così incentrata sulla preghiera dello sguardo, che è l’adorazione. Guardare una piccola ostia bianca, un semplice pezzo di pane azzimo: come credere che Cristo sia lì? La liturgia delle domeniche estive ci ha riportato su quella riva del mare di Galilea, cioè di Tiberiade. Dove Gesù dalla montagna dove era salito con i suoi discepoli, alzati gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui (cf. Gv 6,1-5).
Mi sono sentita anch’io tra quella folla, tra quella folla ci siamo un po’ tutti. Ci siamo noi sotto il Suo sguardo. Anche sant’Agostino si era sentito lì in mezzo alla moltitudine e si era sentito spinto ad andare oltre il fatto dei pani, del miracolo. Bisogna saper capire il linguaggio dei miracoli. Essendo Cristo il Verbo di Dio, ogni suo gesto è una parola. Non dobbiamo fermarci ad ammirare la potenza di questo miracolo, dobbiamo esplorarne la profondità.
Agostino nel commento al vangelo di Giovanni (Omelia 24), ci fa immergere dentro il gesto che Gesù sta per fare. Vuole spalancarci allo stupore.
Hai mai provato a nuotare sott’acqua con gli occhi aperti sfiorando il fondale? Se stai sulla riva è lo stesso mare che bagna i piedi, da quella riva ne ammiri la grandezza e l’immensità oltre la linea dell’orizzonte, è lui il mare, ma sotto quella tavola azzurra ciò che ti fa vedere e vivere è diverso. Solo sott’acqua ho saputo cosa fosse il mare e la luce che nasconde.
Scrive sant’Agostino: «I miracoli compiuti da nostro Signore Gesù Cristo, sono opere divine, che sollecitano la mente umana a raggiungere Dio attraverso le cose visibili». La bellezza del creato rispecchia quella del Creatore, Lui, il più bello tra i figli dell’uomo, educa il nostro sguardo facendoci vivere all’ombra della sua ammirabile luce.
I nostri occhi distratti hanno perso la capacità di scorgere il Mistero nelle cose quotidiane. Abbiamo perso l’attitudine al Sacro che si cela nelle nostre liturgie. San Tommaso affermava che per celebrare l’Eucaristia il Signore compie attraverso il sacerdote ben 18 miracoli. Così ogni giorno sotto i nostri occhi, tra le mani di un uomo in Persona Christi, accade la Presenza! Una Presenza che continua a sfamare il bisogno d’infinito che abita nell’uomo d’ogni tempo, anche in quello di questo nostro tempo in cui lo scollamento tra fede e vita è totale.
«Siccome Dio non è una realtà che si possa vedere con gli occhi, e siccome i suoi miracoli, con i quali regge il mondo intero e provvede ad ogni creatura, per la loro frequenza finiscono per passare inosservati, al punto che quasi nessuno si accorge dell'opera di Dio che anche nel più piccolo seme appare mirabile e stupenda; Dio si è riservato, nella sua misericordiosa bontà, di compiere a tempo opportuno talune opere fuori del normale corso degli avvenimenti naturali, affinché, quanti hanno fatto l'abitudine alle cose di tutti i giorni, rimanessero impressionati, vedendo, non opere maggiori, ma insolite». Sant’Agostino sostiene che grandezza e scopo del miracolo è far pensare a Dio, alla sua bontà, è richiamare l’attenzione alla provvidenza divina: «Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi e il figlio dell'uomo perché te ne curi? O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra» (Sal 8).
Perché allora l’uomo muore di fame, di quella fame che non è mancanza di cibo? Gesù, che ben conosce l’uomo, ci ha preavvertiti: «Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell'uomo vi darà» (Gv 6,27). Oggi l’indigenza più grande è il non senso della vita che dilaga: ecco la fame e la povertà più grande!. «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati (Gv 6,26)». Sta qui la radice della nostra vocazione e della nostra missione: educare lo sguardo. Hanno occhi e non vedono dice il salmo. Tutta la realtà è permeata dalla presenza di Dio, ma non si è più capaci di incontrarlo, perché non si è più capaci di guardare. Così, con facilità, si afferma che Dio non esiste e si vive, di fatto, come se Lui non esistesse. Ma «Il Signore è salito su un monte. Il Signore in alto sul monte ci aiuta a capire meglio che il Verbo sta in alto. Ciò che è avvenuto sul monte, non è quindi cosa di poco conto né trascurabile, ma va attentamente considerata. Egli ha visto le turbe, si è accorto che avevano fame e misericordiosamente le ha nutrite, non solo con bontà, ma altresì con potenza. Che avrebbe giovato, infatti, la sola bontà, quando occorreva il pane con cui nutrire quella folla affamata?» Agostino, ricordando quello che è stato per Lui incontrare Dio e la sua Chiesa, ci invita ad alzare lo sguardo del cuore per lasciarci sfamare: «Mi ritrovai lontano come in una terra straniera, dove mi parve di udire la tua voce dall'alto che diceva: Io sono il cibo dei forti, cresci e mi avrai. Tu non trasformerai me in te, come il cibo del corpo, ma sarai tu ad essere trasformato in me» (Confessioni). Abita in mezzo a noi quel Verbo che si è fatto carne, che continua a farsi carne in noi, perché come dice Gesù, colui che mangia me vivrà per me. Noi, dunque, che mangiamo di Lui viviamo per Lui diventando segno di qualcosa che va al di la di noi, della nostra umanità, dei nostri limiti. Purtroppo non sempre ne abbiamo consapevolezza e torniamo alle nostre occupazioni, alle nostre case, indifferenti a ciò che abbiamo vissuto. Così continuiamo a cercare fuori di noi ciò che abita in noi, come ancora afferma Agostino nelle sue Confessioni: «Tardi ti ho amato, bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato. Ed ecco che tu stavi dentro di me e io ero fuori e là ti cercavo. Eri con me ed io non ero con te».
L’adorazione eucaristica è la via privilegiata per toglierci da questa tiepidezza di cuore e di sguardo verso il Mistero, e giungere alla conoscenza dell’amore che ci abita. Lui è sempre con noi, ma noi non siamo con Lui.