Come cera nelle mani di Dio

Da qualche tempo realizziamo Gesù Bambini di cera. Un lavoro affascinante che diventa augurio di Natale!
Autore:
Monache dell'Adorazione Eucaristica
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Carissimi amici,
da qualche mese abbiamo aperto un laboratorio per la lavorazione della cera. Lo spunto ce lo ha dato un amico che con le lacrime agli occhi un giorno si è presentato alla porta del Monastero e ci ha messo tra le braccia un Gesù Bambino di 60 centimetri e ci ha detto: «Tenete! È di cera, è un Monachino del ’700, nessuno lo sa aggiustare e io ho pensato a voi: ve lo regalo!» Siamo rimaste lì, incantate a guardare quel dono fuori programma, quel Natale anticipato in un settembre ancora tiepido! Così abbiamo iniziato a lavorare la cera.
Dopo il restauro di questo Bambino Settecentesco abbiamo realizzato uno stampo e, dallo stampo, nuove versioni di Monachini. Lavorare la cera ha un fascino indescrivibile: riporta alla prima pagina biblica in cui Dio plasmò Adamo dal fango.
Preparare la cera per uno stampo significa passare per dei procedimenti simbolici che sembrano narrare la purificazione della propria anima.
Si prende la cera e la si riscalda affinché si sciolga. Tutte le eventuali scorie si depositano sul fondo, cosicché il processo di fusione è anche un processo di purificazione. Non fa così con noi il calore dello Spirito di Dio? Il fuoco dello Spirito lavora in noi e ci scalda e mentre lavora ci purifica.
Poi alla cera purificata va aggiunto del bianco titanio e del colore, l’uno per rendere la cera più bianca, l’altro per realizzare il color carne. Così, nella nostra anima, il lavoro dello Spirito è accompagnato dall’azione dei sacramenti della Chiesa: la confessione ci rende più bianchi e l’Eucaristia ci incorpora a Cristo, ci fa carne della sua carne.
Il composto di cera ottenuto va versato nello stampo e si avrà l’oggetto desiderato. L’azione dello Spirito e dei Sacramenti hanno come scopo quello di dare a noi la forma voluta dal Creatore, la nostra specifica vocazione. Questa forma è anche la nostra felicità.
Il Bambino di cera quando esce dallo stampo non è perfetto, è necessario lavorarlo con il calore e lisciarlo con dell’acquaragia. Solo a quel punto si potrà spolverare con la cipria e dipingerlo fino ad ottenere il risultato finale: un Gesù Bambino bellissimo, simile a quello che realmente un giorno vagì nella mangiatoia di Betlemme.
Così per noi: anche quando abbiamo individuato la nostra vocazione, non abbiamo compiuto tutto: occorre di nuovo lasciarci lavorare dal calore dello Spirito, dagli eventi della storia e saper scorgere in essi il lavoro di Dio che forgia e plasma le nostre anime in vista della loro forma perfetta, cioè più simile a Cristo.
Che questo Natale ci sorprenda così: cera molle nelle mani di Dio, che ci trovi pronti ai processi di purificazione e di formazione del Signore su di noi. Allora davvero sarà Natale, perché sarà guardare al presente nella prospettiva della forma futura, quella che è già scritta in noi benché non ancora pienamente manifestata.
Un Bambino di cera nel presepe, rimanda poi inevitabilmente alla Pasqua, a quel cero Pasquale che accompagna la vita della Chiesa nei suoi momenti più importanti, soprattutto nel momento della Veglia Pasquale, la Madre di tutte le veglie. Nell’Exultet la Chiesa canta l’offerta del cero frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.
Ecco cari amici, nella notte di Natale, davanti al nostro Gesù Bambino di cera, sarete con noi. Dentro quel bimbo vogliamo simbolicamente mettere le nostre vite perché si realizzi per ciascuno di noi l’Opera più grande quella della salvezza e, attraverso di noi il mondo risplenda di nuova luce!