I nostri auguri di Natale

Natale è sempre un momento di bilanci. Questa adorazione dei Magi di un seguace di Hieronymus Bosc, ci ha affascinato. Cristo è al centro della composizione come le lancette di un orologio attorno alle quali ruotano le ore. Seguire lo scoccare delle ore ci ha dato l'occasione di ripensare a questo ultimo anno trascorso, tra luci e oscurità, tra gioie e dolori. Nel video sotto potrete gustare, oltre alle nostre foto, i particolari dell'opera l'Adorazione dei Magi.
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Santo Natale 2015

Carissimi,
il Natale si apre sotto il grande segno della misericordia. Una porta che Cristo ha spalancato nell’anno di grazia della sua venuta. Un anno che, come vuole l’economia del Padre, durerà fino alla fine dei secoli. Il giubileo per la Chiesa durerà fino al ritorno glorioso del Redentore, ma poiché viviamo, anche noi, dimentichi di tanta grazia ecco che, con premurosa paternità, i Papi ogni tanto ce lo ricordano e ci regalano giubilei dentro al grande giubileo che è la Chiesa stessa.

L’adorazione dei Magi
Ci affascina un’adorazione dei Magi di un imitatore di Bosch, per qualcuno opera dello stesso Hieronymus Bosch. La Natività segna l’ora x della storia. Cristo, in braccio alla sua Vergine Madre, è al centro come le lancette di un quadrante e segna l’ingresso in una porta che è quella della casa di Davide, diroccata, ma ancora robusta. Diversi personaggi ruotano attorno a Cristo segnando le ore diverse della chiamata del Signore.
Allo zenit, cioè a mezzogiorno si apre una breccia nella casa di Davide e svela un’umanità ancora intenta nelle sue faccende personali e assolutamente ignara o indifferente del mistero che accade. Ci sono eserciti che disputano la guerra, là nella campagna davanti all’ideale Gerusalemme e, più vicino alla capanna di Davide, contadini che amoreggiano, giovani e vecchi. Un pastore che sta pascolando il gregge sonnecchia. L’ora del mezzogiorno è anche l’ora della mezzanotte, l’ora cioè dell’incoscienza e del sonno. Ed in quest’ora, quando cioè, come canta la liturgia, la notte era a metà del suo corso, che la Parola Onnipotente di Dio si è manifestata nella nostra carne. Sopra le rovine del Palazzo di Davide, infatti, ecco cinque angeli che stendono il velo della vita e in alto, brillare la stella del Messia.

Riconosciamo in questo manto verde la speranza divina che continua a fiorire nonostante il mondo presenti segni continui di guerra e di rovina. Queste rovine sono per alcuni oggi i segni di una Chiesa decadente e ormai prossima a morire.
Alle ore una e due vediamo due personaggi, forse pellegrini, simboleggiano le due età dell’uomo. Sono vicini al fuoco, presenza ricorrente nelle natività e nelle annunciazioni: è il fuoco della passione che non recò danno alla vergine Maria, come l’antico fuoco visto da Mosè che non recò danno al roveto ardente. L’anziano si avvicina paurosamente alle fiamme, senza subirne danno, è lui che testimonia la Verginità di Maria e la verità detta dai profeti: una vergine concepirà un figlio, il Dio con noi. L’altro si sporge a guardare il prodigio, ha lasciato il suo bagaglio da pellegrino dietro di lui, il suo viaggio è terminato ha trovato l’approdo che cercava. Alle ore tre e quattro e cinque vediamo collocati i magi. Bosch attingeva anche al significato alchemico dei colori: il nero, la nigredo, il bianco, l’albedo e il rosso, la rubedo. Tre colori che nell’alchimia medievale raccontano il passaggio dall’uomo vecchio, come direbbe Paolo, contaminato dalle passioni all’uomo nuovo, rinnovato dal fuoco la grazia e perciò rosso. Non a caso il mago in ginocchio, ormai giunto a riconoscere nel Bambino Gesù, il Messia promesso veste il rosso.

Sulle ore sei del nostro ideale orologio c’è un cane, simbolo di fedeltà, fedeltà nella ricerca, fedeltà nell’attesa, fedeltà negli impegni quotidiani. Per questo accanto al cane troviamo un frate che veste il verde, colore della vita. Le ore rimanenti sono quelle che ci conducono verso la stella, perciò ore serali o notturne. Le figure simboliche qui rappresentate sono tutte nascoste: un pastore, col copricapo da stregone, dentro la stalla; l’asino del quale non si vede che la parte posteriore; il bue accovacciato e, più in alto, una tortorella e un nido dal quale sbuca un uovo. Sotto la tettoia, verde sporge da una finestrella una civetta, poco visibile. Il pastore e la civetta sono inquietanti, simboli di una malvagità che attenta a alla grazia e alla bellezza. Asino e bue sono segni, invece, di due popoli in attesa; ebrei (il bue) e pagani (l’asino). Simboli positivi di rinascita e di vittoria sul male e sulla morte sono la tortora e l’uovo, forse per questo stanno in alto. Splende allo zenit, sopra tutto e tutti, la stella: essa segna la mezzanotte, culmine dell’oscurità ma anche inizio del trionfo della luce.
La nostra vita di adorazione
Tutti questi simboli si adattano alla nostra vita e alla storia che abbiamo vissuto in questo anno. Al centro di ogni nostro agire e pensare c’è Cristo e la sua Vergine Madre. Sono loro le lancette che scandiscono la nostra giornata e preghiamo possano essere anche le lancette che regolano il mondo. Il mondo è intento alle sue trame e spesso, in questo anno, abbiamo avuto modo di temere il peggio da ogni punto di vista, morale, religioso, culturale, sociale, politico ed economico, purtuttavia anche se le rovine appaiono sempre più evidenti dentro e fuori la Chiesa, non mancano segni di rinascita, volti che ci restituiscono un’immagine di Chiesa bella e viva, affascinata ancora da Cristo che alla fine guida e vince la storia umana.

L’anno della Misericordia ne è un esempio. Anche noi abbiamo voluto ambientare il nostro Presepio in un villaggio della Misericordia, dove le opere di Misericordia segnano il passo dei cittadini.
Vorremmo anche noi accordare il passo all’esigente ritmo di queste opere, soprattutto quelle spirituali, forse le più dimenticate, ma non meno urgenti.
Ci ritroviamo così idealmente incarnate in questi Magi che offrono i loro doni, forse sono opere umane e hanno un valore stabilito dalle categorie di questo mondo, ma il loro valore simbolico è inestimabile. Vediamo nei doni dei Magi lo stesso legame che unisce le opere di misericordia corporali a quelle spirituali. Le prime sono per questo mondo, le secondo nutrono l’anima per il mondo a venire. Così incenso, oro, mirra, se hanno quaggiù un valore economico innegabile, esse però rimandano simbolicamente al valore della preghiera (incenso), della vita eterna (oro), della sofferenza offerta (mirra). Cose di cui la nostra vita è piena.

Ogni giorno e ad ogni ora abbiamo a che fare con l’ostilità del mistero dell’iniquità, simile a quello dipinto dal presunto Bosch nella civetta e nel pastore–stregone. Sentiamo con molti nostri fratelli (anche più sfortunati di noi) di essere inserite in un mistero d’iniquità che attenta, come dice l’apocalisse, alla Donna e al Figlio suo. Ma ci sappiamo tuttavia custodite come la tortora tra le mura della rovina e vediamo ogni giorno anche segni di rinascita, come l’uovo nel nido.
Abbiamo infatti ancora avuto disagi per la ristrutturazione della foresteria e prevediamo altre spese per il restauro del Monastero. Inoltre una falla nascosta nelle condotte d’acqua ci ha fruttato una bolletta astronomica! Grazie a Dio, però, abbiamo avuto sempre, al momento opportuno, gli aiuti necessari per far fronte alle diverse necessità. Così confidiamo che anche nelle future spese troveremo la provvidenza pronta a d attenderci.

Guardiamo anche noi verso quello zenit, dove brilla la stella di mezzanotte. Un punto alto che ci permette di guardare la vita nel suo scorrere, proprio come l’immaginario orologio del seguace di Bosch.
L’anno trascorso è stato fecondo di bene: grazie di cuore a tutti coloro che ci hanno aiutato, che ci hanno mandato offerte, a volte piccole e sudate a volte grandi e generose, ma tutte, tutte preziose perché ci hanno permesso di riedificare ciò che il tempo e l’incuria umana aveva rovinato, proprio come il palazzo di Davide.

Siamo state confortate dal dono di tanti sì al Signore: suor Maria Annunziata il 31 maggio scorso; suor Maria Adriana il 7 giugno e infine suor Maria Danuta Giovanna il 29 novembre scorso. E altri due sì ci attendono! Il 6 gennaio, i nostri due fratellini Angelo e Cristian, si apprestano a fare la loro vestizione: sono una primizia coltivata nel giardino del Montefeltro con l’aiuto dei nostri Adoratori del Messico. Li raccomandiamo tanto alla vostra preghiera.
Davvero il braccio del Signore non si è accorciato e quindi è davvero lecito pensare che, mentre il mondo inneggia alla morte della Chiesa, del Natale, delle vocazioni sacerdotali e religiose, il Signore umilmente e tenacemente gioca le sue carte, conta le sue ore.

Per la Professione di Danuta abbiamo realizzato un CD dei nostri canti, quasi una mappa del nostro cammino scritta con le note musicali, il titolo è Rachamim, misericordia e il riferimento è al cognome religioso assunto da suor Danuta. Un titolo (e un nome) che si è rivelato profetico per l’anno di grazia e di misericordia indetto dal Papa e aperto in Africa proprio il 29 novembre! Il cd è annesso a un libro che racconta in dodici tappe la misericordia nell’arte, chi desiderasse acquistarlo ce lo può richiedere.

Le nostre tappe più importanti sono state accompagnate poi dagli amici, sono tanti, nominarli tutti è impossibile! Penso al nostro Vescovo Andrea, penso a don Gabriele, ai padri Cappuccini; alle tante amiche monache di altri Istituti che ci stanno accompagnando; penso a tanti parrocchiani che ci dimostrano la loro stima e la loro amicizia in molti modi; Giancarlo e a quanti hanno collaborato nei lavori della nostra foresteria, spesso gratuitamente; penso ai nostri genitori, ognuno presente come se ogni monaca fosse loro figlia! Penso infine agli amici del Teatro dell’Aleph che hanno costruito con noi un pezzo di bellezza, allietando le nostre professioni con il ballo sui trampoli, con teatri potenti e impegnativi con il calore della loro amicizia. Sì, la Bellezza è contagiosa! Qualcuno in questi anni ci ha imitato, a volte scopiazzato: ma siamo felici! In un mondo dove l’orrido sembra avere la meglio su tutto, spuntano qua e là germogli di bene, di verità, di bellezza.

Nell’opera dell’imitatore di Bosch, opposto alla stella, c’è un cane, simbolo di fedeltà. Ecco in questo Santo Natale vorremmo affidarvi tutti alla fedeltà di Dio che non muta. Non a noi, Signore non a noi, ma al tuo nome da gloria! Il canto dei templari sia anche il nostro canto, non per rinnovate battaglie ma rinnovate professioni di fede e di speranza.

Buon Natale a tutti! E come ci ha augurato il nostro vescovo: aspettiamo il Signore che viene! Non la venuta nella carne, ma la sua venuta nella gloria che porrà fine alle brutture della storia e coronerà in quelli che lo attendono la gloria della sua fedeltà! Siete nella nostra preghiera:
a tutti Buon Natale


suor Maria Gloria e comunità


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