La parola del Papa
Sr Maria Danuta realizza una raccolta di parole che il Papa pronuncia e che non vengono pubblicate o che vengono opportunamente trascurate da chi vuole pilotare le coscienze e l'informazione.
Nel mese di ottobre, dedicato alla Missione, il Santo Padre ha desiderato renderci «familiari di Gesù» (Santa Marta, 26.09), «fratelli nella vocazione» degli angeli, chiamati come loro a «cooperare al disegno di salvezza di Dio» (Santa Marta, 29.09). Abbiamo così vissuto, su invito del Papa, la Domenica dedicata alla Parola, per «ritrovare le radici», cioè «l’appartenenza al popolo» di Dio (Santa Marta, 10.05), lasciandoci «ferire dalla sua Parola per esprimere con la bocca ciò che dal cuore sovrabbonda» (United societies relations committee, 10.05).
Un invito incessante sgorga dal cuore del Santo Padre: «Siamo servitori della Parola di Riconciliazione che illumina, protegge e difende, guarisce e libera» (10.05), ma sottolinea: «In materia di fede, il compromesso è in contraddizione con Dio che è Verità. Nel Corpo di Cristo, il quale è “Via, Verità e Vita”, chi potrebbe ritenere legittima una riconciliazione attuata a prezzo della verità?» (10.05). Ed esorta: per «guarire» dalle «piaghe del cuore e dell’anima» occorre «tirare fuori la verità» e avere «la saggezza di accusare se stessi» e di «dire la verità sulla nostra vita» (Santa Marta, 28.09).
Ai vescovi neo ordinati, custodi della coscienza del popolo di Dio, invita al discernimento come «umiltà rispetto ai propri progetti e obbedienza rispetto al Vangelo, criterio ultimo; al Magistero, che lo custodisce" (Ai nuovi vescovi ordinati, 14.09).
A Bologna ha rivolto la preghiera alla Madonna di San Luca affinché ci aiuti a «comprendere la tenerezza materna della Parola viva, che tuttavia è al tempo stesso tagliente; penetra nell’anima e porta alla luce i segreti e le contraddizioni del cuore.» (Bologna, 01.10)
In occasione del centenario della promulgazione del primo Codice di diritto canonico ha esortato alla giustizia come dimensione imprescindibile dell' amore:«Il diritto è condizione dell’amore» ha ricordato con le parole di Benedetto XVI. «Nulla est charitas sine iustitia» (Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo, 18.10).
Per questo, commentando il Vangelo del Centurione che domanda a Gesù la guarigione del suo servo, ha sottolineato: «È un peccato non pregare per i governanti!». Soprattutto per quanti hanno meno «coscienza» che il loro potere non è assoluto ma viene da Dio. E «i governanti devono pregare per chiedere la grazia di servire il popolo loro affidato». (Santa Marta, 09.18)
Nel discorso tenuto all'università di Bologna, in occasione del suo ultimo viaggio apostolico, il Santo Padre ha auspicato alla formazione di «un’Europa “universitaria e madre” che, memore della sua cultura, infonda speranza ai figli e sia strumento di pace per il mondo» (Bologna, 01.10), ricordando le parole che il Cardinale Lercaro disse: «La Chiesa non può essere neutrale di fronte al male, da qualunque parte esso venga: la sua vita non è la neutralità, ma la profezia».
Così ha potuto con coraggio affermare: «la Parola di Dio illumina anche l’origine della vita e il suo destino. Un nuovo inizio deve essere scritto nell’ethos dei popoli, e questo può farlo una rinnovata cultura dell’identità e della differenza. L’utopia del “neutro” rimuove ad un tempo sia la dignità umana della costituzione sessualmente differente, sia la qualità personale della trasmissione generativa della vita. La manipolazione biologica e psichica della differenza sessuale, che la tecnologia biomedica lascia intravvedere come completamente disponibile alla scelta della libertà – mentre non lo è! –, rischia così di smantellare la fonte di energia che alimenta l’alleanza dell’uomo e della donna. La nostra storia non sarà rinnovata se rifiutiamo questa verità. L’accompagnamento responsabile della vita umana, dal suo concepimento e per tutto il suo corso sino alla fine naturale è lavoro di discernimento e intelligenza d’amore per uomini e donne liberi e appassionati"(Assemblea generale pontificia accademia per la vita, 05.10).
Cristo Crocifisso Centro della storia, centro della mia vita
Le parole del Papa nel mese di Novembre. Parole che non sempre i mezzi di comunicazione sociale riportano e che ci aiutano a entrare profondamente nel Magistero di Papa Francesco.
Molti potrebbero dire: «Sono un buon cristiano, vado a messa, faccio opere di misericordia, prego, educo bene i miei figli». Ma occorre domandarsi: «sei entrato nel mistero di Gesù Cristo?», quello «che tu non puoi controllare?» (Santa Marta,24.10). Con queste provocanti e salutari parole il Pontefice ci ha invitato a «inabissarsi nel mistero di Cristo». Un mistero « così sovrabbondante, così forte, così generoso, così inspiegabile che non si può capire con argomentazioni». E ha aggiunto «devi inabissarti nel mistero per capire chi è Gesù Cristo per te» (24.10). «Conoscere Dio non è in primo luogo un esercizio teorico della ragione umana, ma un desiderio inestinguibile impresso nel cuore di ogni persona» (Al Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, 11.10). «Per questo motivo - ha sottolineato in occasione del venticinquesimo anniversario della promulgazione del Catechismo della Chiesa Cattolica - il nostro Catechismo si pone alla luce dell’amore come un’esperienza di conoscenza, di fiducia e di abbandono al mistero» (11.10).
«La vita cristiana è una lotta che non ti dà tranquillità, ma ti dà pace. Non ci sono pastiglie per la pace. Soltanto lo Spirito Santo può darla e questa lotta, questo fuoco ti porta quella pace dell’anima che dona fortezza » (Santa Marta, 26.10).
Di conseguenza «quello che ci salva dagli incantamenti, dalle seduzioni che il diavolo fa lentamente nella nostra vita per cambiare i criteri e portarci alla mondanità» (Santa Marta, 13.10) è solo «Cristo crocifisso: centro della storia, centro della mia vita» (24.10).
Il Pontefice ci invita poi a «fermarsi davanti a Dio per stare con Lui, dedicarsi semplicemente a Lui. È questa la preghiera più pura: l’adorazione» (Alla Famiglia Vincenziana, 14.10), confessando: «Una volta scoperta, l’adorazione diventa irrinunciabile, perché è pura intimità col Signore, che dà gioia e scioglie gli affanni della vita (14.10). Qui l' antidoto contro il pericolo più grande: «perdere la capacità di sentirsi amati» (Santa Marta, 7.11).
Concludendo il ciclo di catechesi sul tema della Speranza «la virtù più umile, la serva. Ma lì c’è lo Spirito» (Santa Marta, 31.10), il Santo Padre ci invita a cogliere il «mistero di grazia nascosto anche nella monotonia di certi giorni sempre uguali» dove la «dolce e potente memoria di Cristo scaccerà la tentazione di pensare che questa vita è sbagliata» (Udienza generale, 11.10). «Colui che ci ha creato nell’Amore infinito, ci sorprende sempre!» (Per il Giubileo dei 300 anni dal ritrovamento dell’immagine della Vergine Madre Aparecida, 12.10)
Richiamando poi al tema della vigilanza e all' importanza dell' esame di coscienza giornaliero: «Vigilare - ha spiegato - significa capire cosa passa nel mio cuore» (13.10), il Santo Padre ha dato inizio al nuovo ciclo di catechesi sul “cuore della Chiesa: l’Eucaristia" (Udienza Generale, 8.11). «Noi tutti abbiamo bisogno di vedere il Signore, toccarlo per poterlo riconoscere. I Sacramenti vengono incontro a questa esigenza umana" (8.11).
Parlando agli istituti di vita secolare li ha invitati ad essere «attenti al mondo con il cuore immerso in Dio. Portatori, in Cristo e nel suo Spirito,del senso del mondo e della storia».
Per sottolineare l' universalità di tale compito, il Papa ha indetto un Mese missionario straordinario nell’ottobre 2019: «Evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda e paradigma di ogni sua opera». (Lettera per il centenario della promulgazione della “Maximum illud” sull’attività dei missionari nel mondo, 22.10)
Nella festa di tutti i Santi ha identificato il volto vero della missione: «I santi non sono modellini perfetti, ma persone attraversate da Dio. Possiamo paragonarli alle vetrate delle chiese, che fanno entrare la luce in diverse tonalità di colore. Questo è lo scopo della vita: far passare la luce di Dio.» (Angelus, 1.11)
Mendicanti di un amore eterno
Quaresima, tempo di conversione.Ecco le parole del Papa per questo tempo. Un collage di parole e suggestioni curato da sr Maria Danuta
«L’ardente aspettativa della creazione è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio» (Rm 8, 19).
«Questa “impazienza”, questa attesa del creato troverà compimento quando si manifesteranno i figli di Dio, cioè quando i cristiani e tutti gli uomini entreranno decisamente in questo “travaglio” che è la conversione. La Quaresima è segno sacramentale di questa conversione, in particolare attraverso il digiuno, la preghiera e l’elemosina.
Digiunare, cioè passare dalla tentazione di “divorare” tutto per saziare la nostra ingordigia, alla capacità di soffrire per amore, che può colmare il vuoto del nostro cuore. Pregare per saper rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io. Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene» (Messaggio per la Quaresima).
Queste parole, apertura del cammino quaresimale, sigillano anche l’incontro sulla protezione dei minori nella Chiesa svoltosi in Vaticano dal 21 al 24 febbraio.
Il Pontefice ha domandato anzitutto la Grazia affinché «lo Spirito Santo aiuti a trasformare questo male in un’opportunità di consapevolezza e di purificazione»(Vaticano, 24 febbraio).
Mettendo in risalto come il primo« teatro di violenze» siano «l’ambiente domestico, quello del quartiere, della scuola, dello sport», sottolinea altresì come «la disumanità del fenomeno diventa ancora più grave nella Chiesa. Il consacrato, scelto da Dio per guidare le anime alla salvezza, si lascia soggiogare dalla propria fragilità umana, o dalla propria malattia, diventando così uno strumento di satana.» Ha inoltre segnalato con forza: «Davanti a tanta crudeltà, a tanto sacrificio idolatrico dei bambini al dio potere, le sole spiegazioni empiriche non sono capaci di far capire l’ampiezza e la profondità di tale dramma. Siamo davanti a una manifestazione del male, sfacciata, aggressiva e distruttiva. Dietro e dentro questo c’è lo spirito del male il quale nel suo orgoglio e nella sua superbia si sente il padrone del mondo e pensa di aver vinto.
Così non dobbiamo perdere di vista questa realtà e prendere le misure spirituali che lo stesso Signore ci insegna: umiliazione, accusa di noi stessi, preghiera, penitenza » (24 febbraio).
«Siamo chiamati alla felicità, ad essere beati, - ci ha ricordato il Santo Padre - e lo diventiamo fin da ora nella misura in cui ci mettiamo dalla parte di Dio, del suo Regno, dalla parte di ciò che non è effimero ma dura per la vita eterna» (Angelus, 17 febbraio).
Il Papa ha messo poi in luce il nostro essere «mendicanti che nel cammino rischiano di non trovare mai completamente quel tesoro che cercano fin dal primo giorno della loro vita: l’amore ». Ma «nella fame d’amore che tutti sentiamo, non cerchiamo qualcosa che non esiste: essa è invece l’invito a conoscere Dio che è padre “nei cieli”. Questo «non vuole esprimere una lontananza, ma una diversità radicale di amore, un’altra dimensione di amore instancabile, un amore che sempre rimarrà» (Udienza generale, 20 febbraio).
Dal 3 al 5 febbraio ha avuto luogo la prima visita del successore di Pietro nella penisola arabica. «E la Provvidenza ha voluto che sia stato un Papa di nome Francesco, 800 anni dopo la visita di san Francesco di Assisi al sultano al-Malik al-Kamil» (Udienza generale, 6 febbraio).
In questo contesto è stato firmato un importante documento congiunto nel quale Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente – insieme alla Chiesa Cattolica, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio» condannando come esecrabile ogni forma di terrorismo e di attentato alla dignità della vita umana e della famiglia come «nucleo fondamentale della società e dell’umanità», definendo l’attacco all’ istituzione familiare «uno dei mali più pericolosi della nostra epoca».(Documento sulla fratellanza umana, Abu Dabhi, 4 febbraio)
Con la forza dello Spirito fino ai confini del mondo
Ricordando parole ed eventi di Papa Francesco nei mesi di maggio/giugno
In occasione del centenario della promulgazione della Lettera apostolica Maximum illud del Papa Benedetto XV, il Santo Padre ha indetto per il mese di ottobre del 2019 un tempo straordinario di missionarietà. «Celebrare questo mese - ha esortato il Pontefice - ci aiuterà a ritrovare il senso missionario della nostra adesione di fede a Gesù Cristo. Ciascuno di noi infatti è una missione nel mondo perché frutto dell’amore di Dio e nel Battesimo ci è data l’originaria paternità e la vera maternità: “Non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre” (San Cipriano). Così, nella paternità di Dio e nella maternità della Chiesa si radica la nostra missione» (Messaggio per la giornata missionaria mondiale 2019).
Ricordando poi le parole di Benedetto VI: «Il Verbo di Dio, facendosi carne in Gesù Cristo, si fece anche storia e cultura», il Santo Padre ha sottolineato come ciò sia possibile solo grazie all’azione dello Spirito Santo che «come fiume d’acqua viva, scaturendo dal grembo di Gesù, dal suo fianco trafitto dalla lancia, lava e feconda la Chiesa, mistica sposa rappresentata da Maria, nuova Eva, ai piedi della croce» (Messa vigilare di Pentecoste,8 giugno).
D’altronde è proprio lo «Spirito Santo che inaugura il tempo dell’evangelizzazione» (Udienza generale, 29 maggio). E come ha fatto notare il Papa iniziando il ciclo di catechesi dedicato agli Atti degli Apostoli, «i protagonisti» del tempo della Chiesa «sono proprio una “coppia” vivace ed efficace: la Parola e lo Spirito» (29 maggio). «San Luca ci dice infatti che la parola umana diventa efficace non grazie alla retorica, che è l’arte del bel parlare, ma grazie allo Spirito Santo, che è la dýnamis di Dio, che ha il potere di purificare la parola, di renderla apportatrice di vita» (29 maggio). Per questo «la prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto, l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più. Perciò è urgente recuperare uno spirito contemplativo!» (Al Capito Generale della Società delle Missioni Africane,17 maggio)
Ricordiamo a proposito i sette Vescovi Martiri greco-cattolici, beatificati in occasione del viaggio apostolico in Romania, testimoni della libertà e della misericordia che vengono dal Vangelo. «Uno di questi, Mons. Iuliu Hossu, durante la prigionia scrisse: “Dio ci ha mandato in queste tenebre della sofferenza per dare il perdono e pregare per la conversione di tutti” » (Udienza generale, 5 giugno)
In occasione del convegno sul tema “Yes to life!” il Pontefice ha riaffrontato con forza la questione aborto, affermando che «la vita umana è sacra e inviolabile e l’utilizzo della diagnosi prenatale per finalità selettive» è
«l’espressione di una disumana mentalità eugenetica, che sottrae alle famiglie la possibilità di accogliere, abbracciare e amare i loro bambini più deboli». Infatti «quel bambino resterà nella loro vita per sempre. Ed essi lo avranno potuto amare. Tante volte, quelle poche ore in cui una mamma può cullare il suo bambino lasciano una traccia nel cuore di quella donna, che non lo dimentica mai» (25 maggio). Ha ribadito poi come questo non sia un problema anzitutto religioso ma umano, e termina raccontando la storia di una ragazzina di 15 anni down che è rimasta incinta e i genitori erano andati dal giudice per farla abortire. «Il giudice le chiese :“Ma tu sai cosa ti succede?” “Sì, sono malata…” “Ah, e com’è la tua malattia?” “mi hanno detto che ho dentro un animale che mi mangia lo stomaco, e per questo devono fare un intervento” “No… tu non hai un verme che ti mangia lo stomaco. Tu sai cos’hai lì? Un bambino!” E la ragazza down ha fatto: “Oh, che bello!”. Il giudice non ha autorizzato l’aborto. È nata una bambina. È cresciuta, è diventata avvocato, e dal momento che ha conosciuto la sua storia, ogni giorno del suo compleanno chiamava il giudice per ringraziarlo per il dono della nascita» (25 maggio).
Donna e adoratrice
Nelle parole del Papa nel recente periodo natalizio emerge l'immagine della Chiesa, Sposa e Madre: adoratrice innamorata di Gesù. Accompagna questo articolo una bella opera di Lorenzo Monaco dove, tra i Magi, compare una donna...
«Nel grembo di una donna Dio e l’umanità si sono uniti per non lasciarsi mai più. Nel primo giorno dell’anno celebriamo queste nozze tra Dio e l’uomo, inaugurate nel grembo di una donna».
Con queste parole in apertura del nuovo anno il Pontefice ci ricorda che «in Dio ci sarà per sempre la nostra umanità e per sempre Maria sarà la Madre di Dio. Da lei, donna, è sorta la salvezza e dunque non c’è salvezza senza la donna. Lì Dio si è unito a noi e, se vogliamo unirci a Lui, si passa per la stessa strada: per Maria, donna e madre» (1 gennaio).
Ha poi messo in evidenza il fatto che «da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità.
Secondo il racconto della Bibbia, la donna giunge al culmine della creazione, come il riassunto dell’intero creato. La Chiesa è donna e madre, e nella Madonna ritrova i suoi tratti distintivi. Vede lei, immacolata, e si sente chiamata a dire “no” al peccato e alla mondanità. Vede lei, feconda, e si sente chiamata ad annunciare il Signore, a generarlo nelle vite. Vede lei, madre, e si sente chiamata ad accogliere ogni uomo come un figlio. Avvicinandosi a Maria la Chiesa ritrova il suo centro, ritrova la sua unità» (1 gennaio).
In occasione della XXVIII giornata mondiale del malato ha esortato poi a «portare la croce facendo delle proprie ferite delle feritoie, attraverso le quali guardare l’orizzonte al di là della malattia e ricevere luce e aria per la vita». Agli operatori sanitari ha poi espresso il desiderio che «il loro agire sia costantemente proteso alla dignità e alla vita della persona, senza alcun cedimento ad atti di natura eutanasica, di suicidio assistito o soppressione della vita, nemmeno quando lo stato della malattia è irreversibile», ribadendo che «la vita è sacra e appartiene a Dio, pertanto è inviolabile e indisponibile» (3 gennaio)
Siamo infatti predestinati, come ci ricorda la posto Paolo, «ad essere figli di Dio»; come? diventando «santi nell’amore», custodendo «la gratuità dell’amore» (Angelus, 5 gennaio).
Il Santo Padre domanda quindi «che il Signore ci insegni queste verità: la sicurezza di essere stato amato per primo e il coraggio di amare i fratelli» (Santa Marta, 10 gennaio).
Per fare questo, esorta il Papa, è necessario seguire l’esempio dei Magi, il cui traguardo del cammino è l’Adorazione.
«Se perdiamo il senso dell’adorazione, perdiamo il senso di marcia della vita cristiana, che è un cammino verso il Signore, non verso di noi. L’uomo infatti, quando non adora Dio, è portato ad adorare il suo io.
Senza adorare - ribadisce il Pontefice - non si conosce Dio. La teologia e l’efficienza pastorale servono a poco o nulla se non si piegano le ginocchia; se non si fa come i Magi, che non furono solo sapienti organizzatori di un viaggio, ma camminarono e adorarono. Quando si adora ci si rende conto che la fede non si riduce a un insieme di belle dottrine, ma è il rapporto con una Persona viva da amare. Così dev’essere la Chiesa, un’adoratrice innamorata di Gesù suo sposo» (6 gennaio).
Per questo rivolge un invito a tutta la Chiesa: «All’inizio dell’anno riscopriamo l’adorazione come esigenza della fede. Adorare è sentire di appartenersi a vicenda con Dio. È dargli del “tu” nell’intimità, è portargli la vita permettendo a Lui di entrare nelle nostre vite. È far discendere la sua consolazione sul mondo. Quando adoriamo permettiamo a Gesù di guarirci e cambiarci. Adorare è andare all’essenziale: è la via per disintossicarsi da tante cose inutili, da dipendenze che anestetizzano il cuore e intontiscono la mente. Di solito noi sappiamo pregare – chiediamo, ringraziamo il Signore –, ma la Chiesa deve andare ancora più avanti con la preghiera di adorazione. È una saggezza che dobbiamo imparare ogni giorno» (6 gennaio).
Rivolge infine un accorato appello per la pace, ricordando come «la pace delle genti» o di un Paese ha le sue radici dentro di noi: «se noi non abbiamo pace nel cuore, come pensiamo — si è chiesto il Papa — che ci sarà una pace nel mondo?» (Santa Marta, 9 gennaio).
Dalle tenebre alla luce
Le parole del Santo Padre in questo mese si concentrano sulla vita Consacrata e sul cristiano, luce del mondo. Una Parola capace di guarire il cuore
Domenica 26 gennaio abbiamo celebrato, sotto indicazione del Papa, la giornata della Parola di Dio. Il Pontefice ci ha guidati a guardare alle origini di questa Parola con una domanda:
«Come iniziò Gesù la sua predicazione? Con una frase molto semplice: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino”.
Dio è vicino: ecco la novità! E questa vicinanza di Dio al suo popolo è un’abitudine sua, anche dall’Antico Testamento. Diceva Dio al popolo: “Pensa: quale popolo ha i suoi dei così vicini, come io sono vicino a te?”. E questa vicinanza si è fatta carne in Gesù.
Gesù ripete oggi anche a te: “Coraggio, ti sono vicino, fammi posto e la tua vita cambierà!”. Gesù bussa alla porta. La sua Parola ci consola e incoraggia. Allo stesso tempo provoca la conversione, ci scuote, ci libera dalla paralisi dell’egoismo. Perché la sua Parola ha questo potere: di cambiare la vita, di far passare dall’oscurità alla luce. Questa è la forza della sua Parola. Gesù non ha paura di esplorare i nostri cuori, i nostri luoghi più aspri e difficili. Egli sa che solo il suo perdono ci guarisce, solo la sua presenza ci trasforma, solo la sua Parola ci rinnova» (26 gennaio).
Guardiamo allora, su invito del Papa, al «pianto di Davide per la morte cruenta del figlio, che gli si era rivoltato contro», come «una profezia che ci mostra il cuore di Dio, cosa fa il Signore con noi quando ci allontaniamo da Lui» (Santa Marta, 4 febbraio). «La frase di Davide: “Fossi morto io invece di te, Assalonne, figlio mio” è profetica - ha affermato ancora - e in Dio si fa realtà» (4 febbraio). «Allora i “poveri in spirito” - di cui parla Gesù nelle Beatitudini, oggetto di riflessione del Pontefice nelle attuali Udienza del mercoledì- sono coloro che sono e si sentono poveri, mendicanti, nell’intimo del loro essere.
Se non accetto di essere povero, prendo invece in odio tutto ciò che mi ricorda la mia fragilità.
Ognuno - afferma il Papa - sa bene che, per quanto si dia da fare, resta sempre radicalmente incompleto e vulnerabile. Non c’è trucco che copra questa vulnerabilità.
Ma come si vive male se si rifiutano i propri limiti! (Udienza generale, 5 febbraio). Gesù invece piange «perché noi non lasciamo che Lui ci ami». Quindi rivolge un invito: «Nel momento della tentazione, nel momento del peccato, nel momento in cui noi ci allontaniamo da Dio, cerchiamo di sentire questa voce: “Figlio mio, figlia mia, perché?”» (4 febbraio).
«Per avere quindi lo sguardo giusto sulla vita chiediamo di saper vedere la grazia di Dio per noi, come fece il vecchio Simeone .
Il Vangelo (della Presentazione del Signore al Tempio) ripete per tre volte che egli aveva familiarità con lo Spirito Santo, il quale era su di lui, lo ispirava, lo smuoveva. Aveva familiarità con lo Spirito Santo, con l’amore di Dio.
La vita consacrata - che il 2 febbraio abbiamo celebrato - se resta salda nell’amore del Signore, vede la bellezza» (Santa Messa per la XXIV Giornata Mondiale della Vita Consacrata, 1 febbraio).
Il Santo Padre esorta quindi tutti i consacrati a «guardare indietro, rileggere la propria storia e vedervi il dono fedele di Dio». E fa notare: «Il tentatore, il diavolo insiste proprio sulle nostre miserie, sulle nostre mani vuote. Noi vediamo che ciò in parte è vero e andiamo dietro a pensieri e sentimenti che ci disorientano. E rischiamo di perdere la bussola, che è la gratuità di Dio».
Ma questo è «la tentazione dello sguardo mondano, che azzera la speranza». Mentre se «guardiamo al Vangelo e vediamo Simeone e Anna: erano anziani, soli, eppure non avevano perso la speranza, perché stavano a contatto col Signore.
Chi sa vedere prima di tutto la grazia di Dio scopre l’antidoto alla sfiducia e allo sguardo mondano.
La vita consacrata -sottolinea ancora il Papa- è questa visione. Il segreto è non allontanarsi dal Signore, fonte della speranza. Diventiamo ciechi se non guardiamo al Signore ogni giorno, se non lo adoriamo. Adorare il Signore! Allora anche i nostri occhi vedranno la salvezza» (1 febbraio).
Dobbiamo anche, prosegue il Pontefice, «proteggere il nostro cuore dalla malattia dell’invidia , da questo chiacchiericcio con me stesso, che fa crescere questa bolla di sapone che poi non ha consistenza, ma fa tanto male». Il geloso «è infatti incapace di vedere la realtà», e solo «un fatto molto forte» può aprirgli gli occhi.(Santa Marta, 24 gennaio). Questa, come altre «malattie dell’anima vanno guarite e la medicina è chiedere il perdono» (Santa Marta, 17 gennaio).
Da qui può nasce nel nostro cuore il contraltare dell’invidia che è la compassione. «La compassione coinvolge, viene dal cuore e coinvolge e ti porta a fare qualcosa. Compassione è patire con, prendere la sofferenza dell’altro su di sé per risolverla, per guarirla. E questa è stata la missione di Gesù» (Santa Marta, 16 gennaio).
Non abbiate paura!
In cammino verso quel Volto amato: così il Papa ai giovani, in concomitanza con la vacanza dei nostri giovani IGAM, in cammino verso la terra promessa della santità.
In occasione del Festival dei Giovani a Medugorje, il Papa ha rivolto loro parole di incoraggiamento affinché senza paura si lancino nell’avventura della vita alla sequela di Gesù:
«In questo clima di relativismo, nel quale è difficile trovare le risposte vere e sicure, le parole-guida del Festival: “Venite e vedrete”, rivolte da Gesù ai discepoli, sono una benedizione. Anche a voi Gesù rivolge il suo sguardo e vi invita ad andare e a stare con Lui.
Non abbiate paura! Cristo vive e vuole che ognuno di voi viva. Egli è la vera bellezza e giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita e di senso».
«Carissimi giovani - incalza il Santo Padre - avete incontrato questo sguardo di Gesù che vi chiede: “Che cosa cercate?”.
Avete sentito quell’impulso a mettervi in cammino? Prendetevi il tempo per stare con Gesù, per riempirvi del suo Spirito ed essere pronti all’affascinante avventura della vita. Andate incontro a Lui, state con Lui nella preghiera, affidatevi a Lui che è esperto del cuore umano. Incontrando Gesù si diventa una nuova persona, e si riceve la missione di trasmettere questa esperienza ad altri, ma sempre tenendo lo sguardo fisso su di Lui, il Signore».
«Cari giovani - continua il Papa - correte attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente» .
Invita poi a guardare la Vergine Maria, «il grande modello della Chiesa dal cuore giovane, pronta a seguire Cristo con freschezza e docilità. Il suo “Ecco la serva del Signore” è l’esempio più bello che ci racconta cosa succede quando l’uomo, nella sua libertà, si abbandona nelle mani di Dio. Che questo esempio vi affascini e vi guidi!» (2 agosto).
Infatti «aderiscono pienamente al Regno coloro che sono disposti a giocarsi tutto, che sono coraggiosi». Come il mercante della parabola della perla preziosa, il quale vende tutto per acquistare il Regno. Da ciò si comprende che «la grazia fa tutto ma ci vuole la “mia” responsabilità, la “mia” disponibilità».
«Il Regno dei cieli è un tesoro che rinnova la vita tutti i giorni e la dilata verso orizzonti più vasti. Esso non è un fuoco di artificio, ma luce che ci accompagna per tutta la vita» (Angelus, 26 luglio).
Il Papa ha messo poi in guardia dall’avversario, il demonio, «l’oppositore per antonomasia di Dio. Il suo intento è quello di intralciare l’opera della salvezza, far sì che il Regno di Dio sia ostacolato».
Ma come nella parabola sulla zizzania, dove «ai servi sta a cuore un campo senza erbacce, al padrone invece sta a cuore il buon grano. Il Signore ci invita quindi ad assumere il suo stesso sguardo, quello che si fissa sul buon grano, che sa custodirlo anche tra le erbacce. Non collabora bene con Dio chi si mette a caccia dei limiti e dei difetti degli altri, ma piuttosto chi sa riconoscere il bene che cresce silenziosamente nel campo della Chiesa e della storia, coltivandolo fino alla maturazione»
(Angelus, 19 luglio).
Certamente,«il nostro cammino può essere travagliato, bloccato da forze avverse. Ma Lui è il Risorto! Non dimentichiamo questo: Lui è il Signore che ha attraversato la morte per portarci in salvo» (Angelus,9 agosto).
In occasione del centenario della nascita al cielo della Beata Maria Margherita Caiani, che nel 1902 diede vita alle Francescane Minime del Sacro Cuore, il Pontefice ha incontrato le suore dell’Istituto, invitandole ad «amare col Cuore di Gesù».
«“Del Sacro Cuore” - ha sottolineato il Papa - non è solo un complemento, ma dice molto di più: parla di un’appartenenza. Il Signore vi ha donato la vita, vi ha generato alla fede e vi ha chiamate a sé nella vita consacrata attirandovi al suo Cuore. Questa appartenenza si manifesta in modo particolare nella preghiera. Tutta la nostra vita è chiamata, con la grazia dello Spirito, a diventare preghiera.
A volte sembra che ci siano mille altre cose più necessarie da fare, ma come i discepoli nel Getsemani, Gesù ci invita a rimanere lì, vicino a Lui» (8 agosto).
Rimanete nel mio amore
Tra Gennaio e Febbraio, sr Danuta raccoglie per noi le Parole del Papa sull'Unità del cristiani.
Abbiamo pregato nel mese di gennaio per l’unità dei cristiani.
«La preghiera, ricorda il Concilio, è l’anima di tutto il movimento ecumenico. Ci accorgiamo infatti che non siamo capaci di custodire l’unità neppure in noi stessi».
Dunque «il vero rimedio comincia dal chiedere a Dio la pace» in quanto «l’unità può giungere solo come frutto della preghiera.
Pregare significa lottare per l’unità. Sì, lottare, perché il nostro nemico, il diavolo, come dice la parola stessa, è il divisore. Lui insinua la divisione, ovunque e in tutti i modi, mentre lo Spirito Santo fa sempre convergere in unità» (20 gennaio).
«Gesù ci indica il segreto della stabilità nel rimanere in Lui.
Rimanere in Gesù: da qui parte il cammino di ciascuno verso l’unità.
La preghiera personale, lo stare con Gesù, l’adorazione, è l’essenziale del rimanere in Lui» (LIV Settimana di Preghiera per l’Unità dei Cristiani, 25 gennaio).
Il Santo Padre ha poi sottolineato come «un cristianesimo senza liturgia è un cristianesimo senza Cristo». Infatti «nella Divina Liturgia i cristiani trovano quella mediazione oggettiva richiesta dal fatto che Gesù Cristo non è un’idea o un sentimento, ma una Persona vivente, e il suo Mistero un evento storico». Perciò «la preghiera dei cristiani passa attraverso mediazioni concrete: la Sacra Scrittura, i Sacramenti, i riti liturgici, la comunità. Nella vita cristiana non si prescinde dalla sfera corporea e materiale, perché in Gesù Cristo essa è diventata via di salvezza» (Udienza generale, 3 febbraio).
Così, «attraverso la preghiera avviene come una nuova incarnazione del Verbo. E siamo noi i “tabernacoli” dove le parole di Dio vogliono essere ospitate e custodite, per poter visitare il mondo.
Attraverso la preghiera, la Parola di Dio viene ad abitare in noi e noi abitiamo in essa» (Udienza generale, 27 gennaio).
Nel messaggio per la 55ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, il Santo Padre ha ripreso «l’invito a “venire e vedere”, che accompagna i primi emozionanti incontri di Gesù con i discepoli, in quanto è anche il metodo di ogni autentica comunicazione umana».
Infatti «la forte attrattiva di Gesù su chi lo incontrava dipendeva dalla verità della sua predicazione, ma l’efficacia di ciò che diceva era inscindibile dal suo sguardo, dai suoi atteggiamenti e persino dai suoi silenzi. La parola è efficace solo se si “vede”, solo se ti coinvolge in un’esperienza, in un dialogo».
Come «in Cristo – il Logos incarnato – la Parola si è fatta Volto»
così «anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare a vedere, laddove nessuno va.
La tecnologia digitale ci dà la possibilità di una informazione di prima mano e tempestiva, a volte molto utile. Ma sono diventati evidenti a tutti, ormai, anche i rischi di una comunicazione social priva di verifiche.
Tale consapevolezza critica spinge non a demonizzare lo strumento, ma a una maggiore capacità di discernimento e a un più maturo senso di responsabilità, sia quando si diffondono sia quando si ricevono contenuti» (23 gennaio).
In occasione della XXV Giornata della vita consacrata, il Papa ha posto l’attenzione sulla figura di Simeone, la cui pazienza «è specchio della pazienza di Dio. Dalla preghiera e dalla storia del suo popolo, Simeone ha imparato che Dio è paziente».
«A volte alla pazienza con cui Dio lavora il terreno della storia, e lavora anche il terreno del nostro cuore, noi opponiamo invece l’impazienza di chi giudica tutto subito. E così perdiamo quella virtù, la “piccola” ma la più bella: la speranza».
«La pazienza ci aiuta a guardare noi stessi, le nostre comunità e il mondo con misericordia» (2 febbraio).
A tal proposito, il Pontefice ha deciso di istituire la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani, che si terrà in tutta la Chiesa ogni anno la quarta domenica di luglio, in prossimità della ricorrenza dei Santi Gioacchino e Anna, per riaffermare la preziosità della voce degli anziani che «canta le lodi di Dio e custodisce le radici dei popoli» (Angelus, 31 gennaio).
Signore, salvaci!
Le parole del Papa nella luce della Pasqua. Ecco il consueto reportage di suor Maria Danuta circa i discorsi del papa fatti in questa Quaresima segnata dalla Pandemia.
Nel tempo del Coronavirus, dove anche la voce del Santo Padre si fa più silenziosa e accorata, ascoltiamo le parole del nostro Pastore che, riecheggiando nel silenzio di una Basilica vuota di fedeli ma colma di cuori che si alzano al cielo, ci accompagnano:
«Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati.
Nonostante il trambusto, Gesù dorme sereno, fiducioso nel Padre.
La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità».
Dentro questo generale disorientamento il Pontefice ci incoraggia: «Invitiamo Gesù nelle barche delle nostre vite. Consegniamogli le nostre paure, perché Lui le vinca.
Abbiamo un’ancora: nella sua croce siamo stati salvati. Abbiamo un timone: nella sua croce siamo stati riscattati.
Abbiamo una speranza: nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore.
Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso.
Stasera - conclude il Papa - vorrei affidarvi tutti al Signore, per l’intercessione della Madonna, salute del suo popolo, stella del mare in tempesta. Da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio» (Sagrato della Basilica di San Pietro, 27 marzo).
Ascoltiamo inoltre il messaggio di Pasqua che il Santa Padre ci trasmette:«In questa notte è risuonata la voce della Chiesa: Cristo mia speranza è risorto!» (Messa Pasquale, 12 aprile).
«La risurrezione di Gesù ci dice che l’ultima parola non spetta alla morte ma alla vita» (Regina Caeli, 13 aprile).
Ricorda poi con paterna sollecitudine tutti coloro che sono coinvolti nella pandemia:
«Gesù nostra Pasqua dia forza e speranza ai medici e agli infermieri fino al sacrificio della propria salute.
Nella circostanza attuale si allentino pure le sanzioni internazionali che inibiscono le possibilità dei paesi di fornire adeguato sostegno ai cittadini, riducendo se non addirittura condonando il debito che grava sui paesi più poveri. Non è questo il tempo degli egoismi!
Rivolgo uno speciale pensiero all’Europa. L’Unione europea ha di fronte a se una sfida epocale dalla quale dipenderà non solo il suo futuro ma anche quello de mondo intero» .
Rivolge anche un appello «per un cessate il fuoco globale e immediato in tutte le parti del mondo.
Non è questo il tempo per fabbricare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per aiutare le persone e salvare vite» (12 aprile).
Interpella infine ciascuno di noi: «Convertitevi! Cambiate vita! Voi che avete ricevuto la promessa di Dio e vi siete allontanati dalla promessa di Dio convertitevi, tornate alla fedeltà al Signore!
Chiedete la grazia di essere fedeli, anche davanti ai sepolcri, davanti al crollo di tante illusioni» (Santa Marta, 14 marzo), come fu Maria Maddalena dinanzi al sepolcro di Gesù.
La speranza non delude mai!
Viaggio apostolico a Cipro e in Grecia: prendendo spunto dalle figure apostoliche di San Paolo e san Barnaba, originario di Cipro, il Santo Padre ha aperto il suo viaggio a Cipro e in Grecia sottolineando le comuni radici che legano Cattolici e Ortodossi di quelle terre.
«Ciascuno di noi - ha detto il Papa - è in qualche modo cieco a causa del peccato, che ci impedisce di vedere Dio come Padre e gli altri come fratelli. Questo fa il peccato, distorce la realtà: ci fa vedere Dio come padrone e gli altri come problemi» (Cipro, incontro con il Santo Sinodo, 3 dicembre).
Dunque, «se portiamo da soli le nostre cecità interiori, veniamo sopraffatti. Abbiamo bisogno di metterci l’uno accanto all’altro, di condividere le ferite, di affrontare insieme la strada» (Santa Messa, 3 dicembre).
Per questo, ha rivelato il Papa, «mi sono sentito sospinto a venire qua pellegrino, con grande rispetto e umiltà, per rinnovare quella comunione apostolica e alimentare la carità fraterna.
Ripensando agli olivi secolari che accomunano le nostre terre, penso alle radici apostoliche che condividiamo. Sono sotterranee, nascoste, spesso trascurate, ma ci sono e sostengono tutto».
«Prego - conclude il Santo Padre - affinché lo Spirito di carità vinca le nostre resistenze e ci renda costruttori di comunione, perché “se davvero l’amore riesce a eliminare la paura e questa si trasforma in amore, allora si scoprirà che ciò che salva è l’unità” (S. Gregorio di Nissa, Omelia 15 sul Cantico dei Cantici)» (Incontro con Sua Beatitudine Ieronymus II, Atene, 4 novembre).
Ai giovani ateniesi ha ricordato che «la vita ha un compito per noi. La vita non è senza senso, non è affidata al caso. È un dono che il Signore ci consegna dicendoci: scopri chi sei. Ciascuno di noi infatti è una missione da realizzare» (Angelus, 12 dicembre). Come nelle famose parole «incise sul frontone del tempio di Delfi: ????? sea?t??, “conosci te stesso”. Oggi c’è il rischio di scordare chi siamo, ossessionati da mille apparenze, da messaggi martellanti che fanno dipendere la vita da come ci vestiamo, dalla macchina che guidiamo, da come gli altri ci guardano... Ma quell’invito antico, conosci te stesso, vale ancora oggi: riconosci che vali per quello che sei, non per quello che hai. Siamo figli amati di Dio! Questo è il cuore della fede» (Incontro con i giovani, Atene, 6 dicembre).
«Ci può venire in aiuto la vostra bella lingua, il greco, con l’etimologia del verbo evangelico “convertirsi”, metanoéin. È composto dalla preposizione metá, che qui significa “oltre”, e dal verbo noéin, che vuol dire “pensare”. Convertirsi è allora pensare oltre, cioè andare oltre il modo abituale di pensare, al di là dei nostri soliti schemi mentali. La realtà è che Dio è più grande! Convertirsi, allora, significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, non arrendersi ai fantasmi interiori.
Lui guarisce le nostre paure, risana le nostre ferite, trasforma i luoghi aridi in sorgenti d’acqua» (Santa Messa, Atene, 5 dicembre).
«Allora, carissimi, vorrei dirvi: benedite la piccolezza e accoglietela. Vi dispone a confidare in Dio e in Dio solo. Egli è disceso fino a nascondersi nelle pieghe dell’umanità e nelle piaghe della nostra carne.
A noi è chiesto di essere lievito, che fermenta nel nascondimento paziente e silenzioso dentro la pasta del mondo, grazie all’opera incessante dello Spirito Santo. Il segreto del Regno di Dio è contenuto nelle cose piccole, in ciò che spesso non si vede e non fa rumore» (Incontro con i vescovi, sacerdoti e religiosi, Atene, 4 dicembre).
«Chiediamo alla Madonna che ci accenda di entusiasmo per l’ideale della santità» vivendo «umili e gioiosi come lei, liberi da noi stessi, con gli occhi rivolti a Dio e al prossimo che incontriamo» (Angelus, 8 dicembre).
«Chiediamo alla nostra Madre, la Tuttasanta, che ci aiuti a essere, testimoni di speranza, seminatori di gioia intorno a noi. La speranza, fratelli e sorelle, non delude, non delude mai» (Santa Messa, 5 dicembre).
Alla luce della Pasqua
La Chiesa in cammino sinodale è stato il tema al centro della Quaresima el Papa. La sua indisposizione fisica proprio alle soglie dell settimana Santa, lo ha portato al Gemelli dove ha battezzato un bimbo. Ecco le sue parole durante la quaresima 2023
Continua il percorso sinodale della Chiesa, nel quale il Santo Padre ci accompagna anche attraverso le catechesi settimanali incentrate sulla passione per l’evangelizzazione. Invita il Papa: «ripartiamo dalle parole di Gesù: Andate – dice il Risorto –, non a indottrinare non a fare proseliti ma a fare discepoli, cioè a dare ad ognuno la possibilità di entrare in contatto con Gesù, di conoscerlo e amarlo liberamente. Andate battezzando: battezzare significa immergere la propria vita nel Padre, nel Figlio, nello Spirito Santo; provare ogni giorno la gioia della presenza di Dio che ci è vicino come Padre, come Fratello, come Spirito che agisce in noi, nel nostro stesso spirito. Battezzare è immergersi nella Trinità. E quando Gesù dice ai suoi discepoli – e anche a noi –: “Andate!”, non comunica solo una parola bensì lo Spirito Santo. Lo scopriamo negli Atti degli Apostoli, dove ad ogni pagina si vede che il protagonista dell’annuncio è lo Spirito Santo.
Gli Apostoli, insieme, senza dividersi, nonostante avessero sensibilità e pareri diversi, si pongono in ascolto dello Spirito» (Udienza generale, 22 febbraio).
«Pericolosa è la tentazione di seguire più facili vie pseudo-ecclesiali, di adottare la logica mondana dei numeri e dei sondaggi, di contare sulla forza delle nostre idee, dei programmi, delle strutture, delle “relazioni che contano”. Questo non va, questo deve aiutare un po’ ma fondamentale è la forza che lo Spirito ti dà per annunciare la verità di Gesù Cristo, per annunciare il Vangelo. Le altre cose sono secondarie»(Udienza generale, 8 marzo). Come ci ricorda il Concilio Vaticano II: «È necessario che la Chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da questi, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte, da cui poi, risorgendo, Egli uscì vincitore» (Ad gentes, 5). E come nel primo Concilio di Gerusalemme, la decisione riguardo all’apertura ai non circoncisi fu mossa dal principio dell’annuncio, così «nel XX secolo, il Concilio Ecumenico Vaticano II ha presentato la Chiesa come Popolo di Dio pellegrino nel tempo e per sua natura missionario». Questo significa che «c’è come un ponte tra il primo e l’ultimo Concilio, nel segno dell’evangelizzazione, un ponte il cui architetto è lo Spirito Santo» (8 marzo).
In occasione del discorso alla comunità del “St. Mary seminary” della Diocesi di Cleveland, il Santo Padre ha indicato «tre caratteristiche del processo sinodale che sono anche essenziali per la formazione dei futuri sacerdoti. Anzitutto l’ascolto, soprattutto del Signore, trascorrendo del tempo con Lui in preghiera, ascoltandolo in silenzio davanti al Tabernacolo. Il camminare insieme, per approfondire lo spirito di comunione fraterna. Infine la testimonianza, diventare segni vivi di Gesù presente nel mondo». Conclude il Papa: «Possano gli anni trascorsi in seminario prepararvi a donarvi completamente a Dio e al suo Popolo santo, nell’amore celibatario e con cuore indiviso» (Sala Clementina, 6 marzo).
Il Santo Padre ha poi incontrato il comitato di redazione del programma televisivo “A Sua Immagine”. «Queste parole - sottolinea il Pontefice - ci rimandano all’inizio della Bibbia, al Libro della Genesi, dove al culmine della creazione Dio dice: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» (Gen 1,26). Siamo creati “a immagine” di Dio! In ciascun essere umano Dio ha acceso, in modo unico, una scintilla della sua luce» Per questo - esorta il Papa - «Custodite lo stupore di questa Parola, per poterlo comunicare. Il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo ci testimonia di fatto la perdita, da parte di tante persone, proprio della coscienza di essere figli di Dio, creati “a sua immagine”. C’è bisogno di ravvivarla. Perché lì, in questa “immagine”, si trovano l’origine e il fondamento dell’irriducibile dignità umana» (Sala del Concistoro, 4 marzo).
Maria si alzò e andò in fretta
I discorsi del Papa in occasione della XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù, a Lisbona.
Abbiamo seguito con commozione il Viaggio Apostolico di Sua Santità Francesco in Portogallo, in occasione della XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù.
Nell’incontro con le autorità locali, il Pontefice ha esordito dicendo: «Ci troviamo ai confini del mondo perché questo Paese confina con l’oceano, che delimita i continenti. Lisbona ne porta l’abbraccio e il profumo. Un mare che è molto più di un elemento paesaggistico, è una chiamata impressa nell’animo di ogni portoghese». Ha poi auspicato che «la Giornata Mondiale della Gioventù sia, per il “vecchio continente”, un impulso di apertura universale. Perché di Europa, di vera Europa, il mondo ha bisogno!». Aggiunge il Papa: «L’oceano, immensa distesa d’acqua, richiama le origini della vita. Nel mondo evoluto di oggi è divenuto paradossalmente prioritario difendere la vita umana, messa a rischio da derive utilitariste, che la usano e la scartano. Lisbona, abbracciata dall’oceano, ci dà però motivo di sperare. Un oceano di giovani si sta riversando in quest’accogliente città; la Giornata Mondiale della Gioventù è occasione per costruire insieme» (Lisbona, 2 agosto).
Ai consacrati, Vescovi e sacerdoti, il Papa ha rivolto parole di esortazione alla speranza: «Fratelli e sorelle, quello che viviamo è certamente un tempo difficile, lo sappiamo, ma il Signore oggi chiede a questa Chiesa: “Vuoi scendere dalla barca e sprofondare nella delusione, oppure farmi salire e permettere che sia ancora una volta la novità della mia Parola a prendere in mano il timone?”. Ecco cosa ci domanda il Signore: di risvegliare l’inquietudine per il Vangelo.
Quando ci si abitua e ci si annoia e la missione si trasforma in una specie di “impiego”, è il momento di dare spazio alla seconda chiamata di Gesù, che ci chiama di nuovo, sempre. Non abbiate paura di questa seconda chiamata di Gesù. Non è un’illusione, è Lui che viene a bussare alla porta». Ha poi sottolineato: «Per fidarsi ogni giorno del Signore e della sua Parola, non bastano le parole, occorre tanta preghiera. Solo in adorazione, solo davanti al Signore si ritrovano il gusto e la passione per l’evangelizzazione. La preghiera di adorazione l’abbiamo perduta; e tutti, sacerdoti, vescovi, consacrate, consacrati devono recuperarla» (Vespri, 2 agosto).
Anche ai giovani universitari di Lisbona ha detto: «Non dobbiamo aver paura di sentirci inquieti, di pensare che quanto facciamo non basti. Preoccupiamoci piuttosto quando siamo disposti a sostituire la strada da fare col fare sosta in qualsiasi punto di ristoro, purché ci dia l’illusione della comodità. Amici, permettetemi di dirvi: cercate e rischiate. Stiamo vedendo una terza guerra mondiale a pezzi. Ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto» (Lisbona, 3 agosto)
Arriviamo finalmente ai discorsi rivolti ai giovani radunati per la GMG! Durante la cerimonia di accoglienza il Santo Padre ha subito lanciato la sfida: «Voi non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Sì, Lui vi ha chiamati per nome. E siamo stati chiamati perché siamo amati». Invita dunque: «Cari giovani, aiutiamoci vicendevolmente a riconoscere questa realtà: siano questi giorni echi vibranti di questa chiamata d’amore di Dio, perché siamo preziosi agli occhi di Dio, nonostante quello che a volte vedono i nostri occhi. Che questi siano giorni in cui il mio nome, il tuo nome, risuoni come una notizia unica nella storia, perché unico è il palpito di Dio per te. Questo è il punto di partenza della GMG, ma soprattutto il punto di partenza della vita» (Cerimonia di accoglienza, 3 agosto).
Durante la Via Crucis ha messo in luce: «il Verbo si fece uomo e camminò tra noi. E la Croce che accompagna ogni Giornata Mondiale della Gioventù è l’icona, è la figura di questo cammino. Gesù cammina per me, per dare la sua vita per me» (Via Crucis, 4 agosto).
Riprendendo il tema mariano della GMG, nel discorso tenuto a Fatima durante il Rosario con i giovani ammalati, il Papa ha detto: «Il pellegrinaggio è proprio una caratteristica mariana, perché la prima a fare un pellegrinaggio dopo l’annunciazione di Gesù fu Maria verso la cugina Elisabetta. E Maria ci indica quello che Gesù ci chiede: camminare nella vita collaborando con Lui!» (Veglia, 5 agosto).
«A voi, giovani, Gesù oggi dice: “Non temete!”, “Non abbiate paura!”. Vorrei guardare negli occhi ciascuno di voi e dirvi: non temete, non abbiate paura. È Gesù stesso che vi guarda ora, Lui che vi conosce, conosce il cuore di ognuno di voi. E oggi Lui dice a voi, qui, a Lisbona, in questa Giornata Mondiale della Gioventù: “Non temete, non temete, coraggio, non abbiate paura!” (Santa Messa, 6 agosto).
Temina con «un ringraziamento particolare ai protagonisti principali di questo incontro. Sono stati qui con noi, ma sono sempre con noi: obrigado a Te, Signore Gesù; obrigado a te, Madre nostra Maria”.(Angelus, 6 agosto).