Il Cantico di Maddalena
ovvero Magdalene's song il film sulla Beata Maria Maddalena dell'Incarnazione ha visto la luce. In queste ore la fase di doppiaggio in italiano. Qui raccontiamo il viaggio a San Francisco per la consegna del film in americano.- Autore:
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Siamo partiti in otto con il dramma di una guerra in atto e il disastro nucleare del Giappone incombente. Meta: san Francisco, una delle zone più esposte dal pericolo del contagio della radioattività. Scalo: Parigi, un’altra zona calda per il braccio di ferro della Francia con Gheddafi. Insomma una bella sfida, vissuta da tutti noi nel più totale abbandono. Il film sulla Madre Maria Maddalena dell’Incarnazione era con noi, pronto e da consegnare al committente. Che potevamo temere?
Quando si arriva ad Ashbury, uno dei quartieri più belli di tutta san Francisco, si trattiene il fiato. L’occhio non si stancherebbe mai di guardare quelle case dallo stile coloniale assiepate eppure ariose, coloratissime eppure delicate. Attorno una corona di grattacieli, il cielo solitamente azzurrissimo e il profumo del mare che arriva fin lì.
Questa volta, per la verità, ci ha accolte una pioggia torrenziale e ci siamo riparate in fretta nel Monastero delle Adoratrici dove ci aspettavano Madre Rosalba, la Superiora, Madre Alma Ruth, Madre Betsy, Madre Maria dell’Eucaristia e il Consiglio della Federazione messicana al completo.
Con me c’erano: Sonia, Vera e Adriana, in foresteria abbiamo lasciato Mauro Campiotti, la moglie Mariella, l’attrice Silvia Ferretti e mia madre.
L’accoglienza di queste sorelle, messicane di origine, ma naturalizzate americane, è inimmaginabile. Non ci sono aggettivi per descriverla e ci fanno comprendere quanto si sia perso in Italia di questo spirito di apertura totale, di disponibilità a tutto campo senza risparmio. La concezione biblica dell’ospite sacro, la si respira, la si tocca con mano.
La sera della “prima” in assoluto è stata commovente. Una saletta del Monastero. Niente radio, tv, nessun riflettore e niente pubblicità. Una prima a porte chiuse, su comode poltroncine monastiche e un pubblico dagli occhi puri come sono, appunto, quelli delle monache.
E così l’abbiamo finalmente visto Il Cantico di Maddalena. In inglese, con una bravissima Silvia Ferretti, un altrettanto bravo Emanuele Vezzoli una fotografia superlativa e la storia avvincente di questa ragazza piena di vita che diventa monaca, poi fondatrice, poi spia della Rivoluzione francese e infine beata.
Le lacrime agli occhi non sono mancate, molta soddisfazione e poi il dibattito. Dal pubblico messicano sono piovute le domande sugli usi monastici (quelli europei, antichi) così diversi dai loro, sulla storia della Madre, sulla Rivoluzione francese. Non facile raccontare a un pubblico d’oltreoceano, in poche battute di un film una vicenda storica che, forse neppure gli europei, a distanza di 200 e più anni, riescono a leggere bene.
L’aereo che ci portava a casa ci è parso più veloce, cariche com’eravamo dell’esperienza fatta.
Adesso la immensa macchina del cinema è di nuovo all’opera, le future mete: il doppiaggio in italiano e quello in spagnolo. Il film sarà apprezzato da alcuni, criticato da altri: in ogni cosa è inevitabile la dialettica. Noi siamo contente di averlo fatto. È stata una bella avventura. Ha sfatato in noi l’idea di un mondo, quello dei cineasti, per forza corrotto e arrivista. Non è vero: i nostri amici, quelli della troupe erano quasi tutti non credenti, con una vita lontanissima dalla nostra, monache dedite all’adorazione eucaristica. Eppure abbiamo trovato tanta solidarietà, tanta amicizia, spirito di corpo e altruismo. Non abbiamo lavorato per una “impresa”, abbiamo incontrato dei volti e con loro è nata un’avventura. Grazie a tutti!