Un'intervista sul "nostro" film

Pubblichiamo un'intervista che ci ha fatto Laura Metrano, una giornalista di Porto Santo Stefano che tanto si è prodigata durante i giorni della lavorazione del Film. A lei, a don Sandro e a tutte le autorità dell'Argentario, la nostra gratitudine.
Autore:
Metrano, Laura
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Da tempo le Adoratrici Perpetue del SS.Sacramento dei monasteri californiani di San Francisco e quelli messicani hanno ricevuto somme di denaro da vari benefattori, con la clausola di realizzarvi un film sulla vita di Suor Maria Maddalena. Cosa puoi dirmi?

Sì. Soprattutto le sorelle del monastero di S.Francisco da molti anni hanno iniziato questa esperienza, raccogliendo dei fondi da loro stesse, oltre a quelli ricevuti da alcuni benefattori, per la realizzazione del film, che credono molto possa contribuire ad una maggiore diffusione del messaggio e della personalità della Madre.

Da quanto tempo era in programma? Avete incontrato difficoltà?

Le sorelle americane ci hanno contattato nel 2002. All’inizio è stato difficile trovare un accordo su tutte le clausole poste. Innanzitutto avevamo un budget piuttosto basso rispetto a quello necessario per un film d’epoca; inoltre la proposta di raccontare una storia ambientata al tempo moderno entro la quale inserire la vicenda della Fondatrice, un escamotage per evitare un film d’epoca, suggerito da diversi registi che pensavano ad una storia dentro la storia, non è stata accolta.
Di recente, tra l’anno scorso e due anni fa', abbiamo trovato un regista con il coraggio di realizzarlo con un budget molto basso e che raccontasse la pura storia di Caterina Sordini, divenuta Maria Maddalena dell’Incarnazione. Accolta la sfida, abbiamo lavorato sulla sceneggiatura e, ricevuta conferma, siamo partiti.

Qual è stato il tuo ruolo nella realizzazione del film?

La consulenza storica. Da quando sono entrata in monastero, sono rimasta affascinata dalla vita di Caterina Sordini perché mi somigliava. In alcuni miei momenti di crisi, momenti che vivono tutte le postulanti, è nato in me il desiderio di capire come Madre Maria Maddalena avesse affrontato la vita. Inoltre ho avuto la fortuna di iniziare il noviziato nel momento in cui venivano ritrovati alcuni scritti autentici della Madre, scritti che ho successivamente consultato e studiato e che mi sono serviti molto per curare con più precisione gli aspetti storici del film.

E’ stato un compito difficile?

Difficile nello studio della sceneggiatura perché bisognava condensare in poco tempo una vita non lunga (54 anni), ma ricchissima di eventi complessi: basti pensare all’invasione napoleonica, alla devastazione totale e al cambiamento radicale di mentalità, usi e costumi della gente; periodo storico tra l’altro poco documentato perché la furia napoleonica aveva spazzato via Curie, documentazioni e testimonianze. Tuttavia non ho incontrato difficoltà storiche perché avevo accanto persone (scenografe, costumiste, regista) qualificate e documentate; le difficoltà ci sono state solo nel curare gli aspetti della vita religiosa, alle stesse totalmente ignoti.

Hai seguito tutte le riprese?

Non tutte perché è un lavoro di grande difficoltà, che richiede presenza discreta e continua: c’è inoltre molta tensione sul set (al minimo rumore si rischia di “buttare a mare” la scena). Sono stata presente comunque alle scene che riguardavano maggiormente gli usi e i costumi monastici.

Prima di vedere realizzato il film, quali impressioni hai ricevuto dalle riprese?

Un’impressione bellissima perché è un lavoro affascinante ed entusiasmante. Mi sono accorta di quanto alcuni aspetti siano fondamentali, come il tecnico del suono ed il cameramen. Inoltre le riprese e la fotografia erano molto belle anche perché lo erano le location. Tuttavia seguendo direttamente i cameramen si ha una visione frammentata. Vedere il tutto montato mi ha dato una grande emozione perché mi ricordavo dove mi trovavo in quei momenti e come sono state fatte le riprese, e mi sono accorta del miracolo definitivo, frutto del montaggio.

Quale messaggio vuole trasmettere il film?

Quello di una ragazza che decide di lasciare la vita agiata, come Caterina, per entrare in monastero, non per rifugiarsi, ma per una grande passione: l’amore per Dio e per la vita. Inoltre vuol comunicare che una vocazione contemplativa può essere una vocazione attuale e missionaria: Caterina infatti ha fondato un ordine contemplativo dedito all’Adorazione Eucaristica, non per starsene da sola e beata con Dio, ma perché l’uomo possa riscoprire più profondamente se stesso e trovare quei percorsi che portano alla salvezza, anche all’uomo d’oggi.

Tra gli attori che hai conosciuto quali ti sono rimasti più impressi?

Indubbiamente Silvia Ferretti, la protagonista, che ci ha fatto più domande e che abbiamo frequentato di più. Tutte le quattro protagoniste principali, che hanno impersonato le suore che hanno vissuto strettamente accanto alla Madre Maddalena e seguito tutta la vicenda della Fondazione, sono state in monastero con noi per quasi dieci giorni, rimanendo molto colpite dalla vivacità della vita monastica, che si figuravano come vecchia, bigotta e chiusa. Hanno trovato delle persone giovani e attente all’oggi, che discutono di fatti quotidiani, leggendoli alla luce della fede. Questo le ha molto colpite, al punto che alcune di loro si sono confessate in quei giorni. Di più mi ha colpito Silvia per la profondità con cui ha affrontato il lavoro e la ricerca, anche interiore, che ha iniziato partendo dalla Madre Maddalena. Un incontro particolare è avvenuto anche con Carlo Ponta, che impersonava don Baldeschi, il confessore della Madre ed Emanuele Vezzoli, nei panni -invece- di Lorenzo Sordini.

Quali momenti della vita di Caterina Sordini ti sono più cari?

Il momento del refettorio di Ischia di Castro nel quale ricorda la sua infanzia a Porto Santo Stefano quando, il giovedì grasso, era solita recarsi in Chiesa col padre per fare adorazione, e ha la grande rivelazione. Mi ha sempre fatto riflettere come i semi della nostra missione nel mondo li riceviamo nel luogo dove nasciamo e come ci sia una continuità tra la storia umana e quella spirituale di una persona. La Madre vede il Santissimo Sacramento esposto con delle figure angeliche vestite di bianco e di rosso che lo lodano; vede anche nella parete, molto prima dei mezzi televisivi e del cinema, ciò che sarebbe capitato: la calata di Napoleone, il rapimento di Pio VII e la devastazione politica e culturale, e capisce che il suo Ordine contemplativo ne sarebbe stato la risposta. Qui emerge la grande modernità del carisma contemplativo, profondamente missionario per l’uomo d’oggi, che non ha dei bisogni materiali, perché siamo sazi e pieni di ogni cosa, ma che sicuramente ha perso il senso della vita e del perché abbiamo le cose.

Quali aspetti della sua personalità ti hanno colpito?

Aveva un carattere estremamente estroverso. Ho curato la perizia calligrafica della Madre che è bellissima, nel quale emergono alcuni aspetti della personalità di voi santostefanesi, per questo quando sono a Porto Santo Stefano mi sembra di “rivederla” per le strade. Da un lato avete una dolcezza di fondo nel tratto, dall’altro però siete persone molto decise, a volte anche irruenti. Lei viveva questo contrasto: una persona dolce, allegra e molto espansiva, con determinazioni e durezze insospettate, che le hanno permesso di affrontare i problemi della vita. E poi un’intelligenza acuta che nasce più dall’intuito che da una cultura acquisita attraverso i libri, con una grande capacità di cogliere l’attimo decisivo della propria e dell’altrui storia. Caterina era una persona che andava in estasi, aveva una vita mistica molto profonda, pur rimanendo in lei un senso pratico delle cose.
La prima volta che sono venuta a Porto Santa Stefano, mi ha colpito come questo luogo abbia vicini sia il mare che la montagna. Ho visto in questo un'analogia con il carattere di Caterina. Madre Maddalena era una persona aperta agli altri, con una grande capacità di attirare le persone e comunicativa: questo mi parla del popolo del mare, capace e abituato a comunicare ed accogliere gente di tutte le nazionalità. tuttavia aveva anche un forte richiamo della montagna, allo stare sola con Dio, nel silenzio e nella contemplazione: questo mi parla del Monte Argentario e dell’esperienza di San Paolo della Croce.

Cosa ti è rimasto più impresso delle riprese a Porto S.Stefano?

E’ stato emozionante vedere per la prima volta Cala Grande, rimasta quasi totalmente selvaggia e intatta nel tempo. Vedere poi Silvia e le comparse vestite nei panni di persone del Settecento e dell’Ottocento, mi ha provocato una grande emozione. E’ stato un po’ come piombare di colpo nella vita della Madre! Nonostante i cameramen, le macchine e le costumiste in azione, ho scoperto che sul set ci vuole molto silenzio, per cui è stato anche un lavoro molto contemplativo, che ho sperimentato a Porto Santo Stefano nell’ascolto della voce del mare, in un’atmosfera di grande silenzio.

Cosa speri che questo film possa lasciare nelle persone che lo hanno realizzato o che vi hanno collaborato?

La voglia di andare al fondo della loro esperienza, chiedendosi perché sono al mondo e perché Dio le ha volute così. La Madre ha risposto a questa domanda: “Dio mi ha voluta così!”.

Quali speranze nutri per la diffusione del film?

Grandi perché lo meritano le persone che vi hanno lavorato con passione: so che tutti nel film hanno messo qualcosa di loro. La paga pattuita non è stata adeguata al lavoro stressante che hanno svolto. Il regista Mauro Campiotti mi ha detto che è impensabile che degli attori lavorino così tanto senza fare dei reclami. Eppure l’hanno fatto tutti e sempre non come un lavoro, ma come una missione. Un lavoro fatto così non può che colpire! La distribuzione però è molto legata all’abilità di chi riesce a contattare le persone giuste.