Ricordi e dolore per il Papa
Un articolo di suor Maria Teodora che, ricordando il 19 giugno del 2010, giorno in cui ha incontrato personalmente il Santo Padre, si è imbattuta in un passo biblico e in un dipinto di Nolde. Gioia per il ricordo dello sguardo mite del Papa, dolore per le derisioni.- Autore:
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Il cuore palpitava forte, l’emozione cresceva mentre salivo su quella pedana che, passo dopo passo, mi conduceva davanti a lui. Mi sembrava di vivere una pagina delle visioni di san Giovanni quando narra dell’Agnello ritto in trono. Questo vivevo in quei preziosi attimi che mi hanno vista inginocchiata davanti al Santo Padre durante la Celebrazione svoltasti la Domenica del 19 Giugno a san Marino. Era lì, regale e paterno, dagli occhi piccoli e penetranti. Mettere le mie mani nelle sue, sentire dal vivo la sua voce, sentirsi ascoltati con un interesse non di circostanza, perdersi in un attimo in quello sguardo di cielo, portare me e portare tutta la mia comunità, ricevere la sua paterna benedizione… tutto questo per me è stato incontrare la madre Chiesa nel Santo Padre.
Oggi è stato inevitabile ricordare quella Domenica perché da allora quell’Agnello ritto è stato in ogni momento immolato . Oggi si è liberamente consegnato al crogiuolo del dolore perché è sempre il dolore innocente che salva il mondo. Lui ha detto tutto, adesso l’ultima parola è quella dello Spirito che soffia dove vuole e quando vuole. È stato schernito, equivocato, ignorato. Ancora una volta, davanti alla Verità molti hanno la presunzione di schernirla o di farsi beffa di essa.
Mi sembra di leggere in continuazione il Vangelo della Passione.
Mi sembra di leggere un passo terribile del libro della Sapienza, un passo che un dipinto di Nolde, dal titolo Derisione, sembra commentare puntualmente.
Dicono fra loro sragionando:
«La nostra vita è breve e triste; non c'è rimedio, quando l'uomo muore,
e non si conosce nessuno che liberi dagli inferi.
Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati.
Tendiamo insidie al giusto, perché ci è di imbarazzo
ed è contrario alle nostre azioni;
ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze
contro l'educazione da noi ricevuta.
Proclama di possedere la conoscenza di Dio e si dichiara figlio del Signore.
È diventato per noi una condanna dei nostri sentimenti;
ci è insopportabile solo al vederlo,
perché la sua vita è diversa da quella degli altri, e del tutto diverse sono le sue strade.
Moneta falsa siam da lui considerati, schiva le nostre abitudini come immondezze.
Proclama beata la fine dei giusti e si vanta di aver Dio per padre.
Vediamo se le sue parole sono vere; proviamo ciò che gli accadrà alla fine.
Se il giusto è figlio di Dio, egli l'assisterà, e lo libererà dalle mani dei suoi avversari.
Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti, per conoscere la mitezza del suo carattere
e saggiare la sua rassegnazione. 20 Condanniamolo a una morte infame,
perché secondo le sue parole il soccorso gli verrà» (Sap 1-2, 12- 29).
Di fronte a tali parole, che esprimono oggi una verità storica, quale sarà l’epilogo? Ogni uomo sarà responsabile dell’epilogo. Se il grido dell’Agnello sgozzato non ribalterà i pensieri dei superbi, non distruggerà la malizia dei cuori, i conflitti d’interesse, la perversione dei progetti, allora la notte coprirà con la sua ombra il futuro dei giovani, le speranze e le attese dei piccoli. E allora sì, che saranno guai. Guai a chi scandalizzerà i più piccoli!
Forse chi non è cattolico non crede alle parole della Sacra Scrittura, ma non tutto è dominio dell’uomo: esiste qualcosa che non ha bisogno di chiedere il permesso agli uomini per esistere. È. Ed è una volontà di bene che per amore corregge, come fa una padre con un figlio.
Mi sembra di sentire il Papa che dice come Gesù: non piangete su di me, donne di Gerusalemme, ma piangete sui vostri figli… c’è da piangere davvero sui nostri piccoli, perché la storia che i grandi stanno scrivendo non è una bella storia. È una storia fatta di omicidio.
Il Papa in questi anni è stato sempre chiaro con le parole e con la coerenza della sua vita. Ciò che è necessario è servire l’uomo per condurlo alla verità di sé; è servire la Chiesa amandola perché sia il luogo della verità dell’uomo. Tutto questo è fonte di gioia che ci prepara a ricevere quella finale. Ciò che ci aspetta è la gioia piena, ma il paradiso è già qui nel cuore dell’uomo, se lo vuole. Il Papa lo possiede già; ce l’ha nel cuore, ce l’ha negli occhi. Benedetto XVI è il papa della gioia, anche se la gioia è frutto della sofferenza. È ancora in lui, nonostante l’oggi, che ripongo la mia speranza. Sono certa che il Santo Padre non chiuderà i suoi occhi prima di essersi assicurato dal Cielo che lo Spirito Santo susciti pastori secondo il Suo cuore. Il Signore non voglia che la sua Chiesa resti a lungo come un gregge senza pastore. Che il cuore orfano dei figli della madre Chiesa siano presto consolati.
A lei, Santo Padre, stringo le mani per trovare la forza dello Spirito come quella Domenica di due anni fa.