Rientro dagli Usa

Suor Maria Teodora al rientro dagli Stati Uniti ci racconta un'inedita San Francisco!

C’è un corto della Pixar, Pipper, che racconta di un piccolo uccello lasciato dalla mamma sulla spiaggia perché imparasse a cacciarsi il cibo da solo. È tempo di svezzamento! Naturalmente il piccolo si sente smarrito e incapace di nutrirsi e subisce l'umiliazione degli adulti che scorrazzando sulla spiaggia lo travolgono. Sopraffatto dalla sua inquietudine arrivata l’alta marea si lascia sommergere rimanendo come morto sott'acqua, ma accade il miracolo. Un gamberetto lo sveglia invitandolo ad aprire gli occhi. Quale stupore fu per il piccolo uccello nel vedere cosa accadeva sott’acqua quando la battigia era invasa dell’onda. Dalla sabbia si sollevavano tanti piccoli molluschi che lo avrebbero nutrito. Felice della scoperta saltellante comincia a scovare col suo lungo becco i molluschi sotto la sabbia e divertito lo fa anche per gli altri gabbiani. Ecco nella mia esperienza americana ho vissuto proprio questo. Partita per la prima volta da sola senza nessuno della mia comunità, senza conoscere le lingue mi sentivo un pò persa con tante domande, perplessità e incertezze. Il viaggio era proprio come un onda che mi travolgeva con i suoi volti nuovi, le abitudini diverse, il fuso orario, l’alimentazione particolare, un clima a me avverso. La testa si è subito messa a contare i giorni alla rovescia…ma improvvisamente l’amicizia e la fiducia di chi mi stava accanto hanno aperto i miei occhi. Lo sguardo era cambiato e ciò che mi circondava era una nuova opportunità di conoscenza di me stessa dentro una realtà che risvegliava potenzialità assopite. Allora sì che quel viaggio assumeva significato. Si trattava di andare fino in fondo dentro un amicizia con le sorelle di san Francisco e del Messico per essere arricchite dalla diversità in maniera reciproca. Da quel momento lo scambio di talenti, di esperienze, di storia, di cammino e di speranze è stato il cronometro del tempo fino alla partenza. Per questo non posso che dire grazie alle sorelle che sono state delle vere madri attente, premurose e pedagogicamente esigenti; ringraziare la mia comunità che mi ha dato fiducia nel rappresentarla nella sua identità ben precisa; ringraziare la Chiesa che nelle sue indicazioni di percorso nasconde sempre delle grandi opportunità di crescita. Dopo questa esperienza porto a casa il senso forte di appartenenza ad uno stesso carisma che sa tenere davanti dell’Eucaristia giorno e notte dei volti di laici (tanti!) e consacrati. Un carisma che è vivo perché capace di rispondere alle esigenze culturali e territoriali in cui si trova. Il nostro modo di vivere il carisma, pur conservandone il cuore, non è lo stesso di san Francisco, cosi come questo è diverso dai monasteri in Messico che pur tra di loro hanno delle differenze. Questa diversità è una ricchezza perché dice come un carisma lontano dall’essere carta scritta è una parola di Dio per le esigenze della Chiesa universale e particolare, per questo vivo!


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