Uno sguardo diverso sulla realtà - 2

Stare a casa, studiare e seguire le lezioni on line, vivere i rapporti e la preghiera in differita, sperimentare i drammi di questo tempo, affina il cuore e cambia lo sguardo sulla realtà. Pubblichiamo qui altre testimonianze dei ragazzi IGAM
Autore:
Erica Maioli

Sono giorni in cui uno o sceglie come stare, è tutta una questione di scelta!
È tutta una questione di sguardo e di Fiducia nella realtà e in quello che accadde, nonostante la gravità dei fatti. Di questo ne sono profondamente convinta e quotidianamente i ragazzi
(I Giovani Adoratori Missionari) ne danno testimonianza.

Proprio ieri hanno ricoverato d’urgenza per un ictus la mamma di una ragazza; forse non c’è situazione peggiore che questa per recarsi in ospedale, deve realmente vivere un dramma nel dramma... ma, nonostante questo, il suo cuore, la sua anima e la sua volontà è voluta andare oltre alle circostanze e questo è quello che mi ha scritto:

“L'altro giorno pensavo come sarebbe stato per me tutto questo se solo fosse accaduto due anni fa quando ancora non avevo detto sì a Dio..
Sarei stata furiosa, fragile come un cristallo di vetro, presuntuosa, ossessionata... Non lo so, davvero!
So solo che nella Preghiera col Signore bisogna portarGli e consegnargli tutti quei nomi, quei volti e le sofferenze di chi non si è ancora lasciato abbracciare dal Suo Amore.
Bisogna molto pregare per loro per la maggior Gloria di Dio!”

Erano giorni pieni di faccende e di cose da terminare e non avevo sempre a portata di mano il telefono. Ho visto che era arrivato un messaggio (piuttosto lungo) e ho pensato che lo avrei letto il giorno seguente. Alla fine l’ho detto due giorni dopo e avere avuto la grazia di leggerlo è stata una sorte di vitamina per il corpo e per l’anima! Che bello vedere i passi che il Signore permettere di fare alle persone che si fanno guidare da Lui! Grazie Signore perché non lasci mai nulla di incompiuto e perché usi tutto della nostra vita.

“_Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare._”

Caro Giacomo,
ricordo bene quando il professor Rossi ci fece imparare a memoria questa tua poesia. Bella. Anzi, meravigliosa.
Io di te mi sono innamorata subito. Hai contribuito a rendere più interessante la mia ricerca, in anni in cui cercavo tanto ma trovavo poco. Hai contribuito ad alzare il mio sguardo più in alto, con la Bellezza. Tu eri uno dei pochi che riuscivi ad entrare nel mio mondo, che tenevo ermeticamente chiuso.
Poi, però, finivi spesso per deludermi, sai?
Mi sembrava che mi facessi assaporare una Bellezza che non trovava riscontro nel mio quotidiano.
L’ennesima fregatura adolescenziale.
Ma mai come ora scopro l’attualità di questo tuo capolavoro e vivo sulla mia pelle i versi di questa tua poesia.
Quando le circostanze ti chiudono nelle pareti di casa, ecco che l’unico modo per non soffocarvi dentro, tra la noia, la preoccupazione e la paura del domani, è far sì che le mura siano una siepe. Anzi, la siepe, la tua siepe.
Avevo sempre pensato che la siepe fosse un po’ una trappola, un vedo-non vedo che ti illude che ci sia qualcosa di grande appena dopo quel limite; un limite che non ci è comunque concesso di oltrepassare, se non con l’immaginazione. E allora mi sembrava una gran delusione: la mia mente viaggia abbastanza da sola, caro Giacomo, non ho bisogno di viaggiare anche con l’immaginazione.
E invece mi sbagliavo.
Mai come in questi giorni vedo in ogni angolo della casa pieghe infinite. Tutte da spiegare.
Che bello questo verbo: explicare, aprire qualcosa che è piegato su sé stesso.
Per spiegare le pieghe del quotidiano, però, serve uno sguardo diverso, che sappia arrivare in profondità.
“Servirebbe una lente per portare il mio occhio a vedere un po’ più in là” ho pensato, una lente capace spiegarmi la realtà, di aprire le pieghe del mio quotidiano e illuminarmi perché io possa guardare nelle pieghe.
Ne conosco una di lente che potrebbe proprio fare al caso nostro, Giacomo; è tonda, non è trasparente, è bianca, luminosa. Brilla, coi suoi raggi. E illumina. C’è tutto quel che serve per aiutarci a guardare in profondità, senza perderci nel buio.
Non so se tu ne abbia mai fatto esperienza nella tua tormentata vita.
Io sì, è credo sia l’unico modo che mi è concesso per non soffocare nel quotidiano.
L’Eucarestia, nel spiegarmi le pieghe del quotidiano, spiega le pieghe della mia anima, altrimenti rischierei di soffocare, di ripiegarmi, appunto, su me stessa.
E allora la siepe non è più un’ illusione che mi delude, non è un limite da superare con l’immaginazione e la finzione, ma essa contiene già in sé, come le pareti di casa, il sapore dell’infinito che abita la quotidianità.
È tutto estremamente concreto.
L’infinito è già nella siepe, così come l’eternità non è solo in Cielo, non è solo una meta a cui tendere, ma è qualcosa che siamo chiamati già a vivere qui ed ora. Hic et nunc.
Carlo Acutis diceva che l’Eucarestia è un’autostrada verso il Cielo. Credo proprio che avesse ragione, perché é l’unica in grado di aprire il Cielo in ogni piega.
E mi sovvien l’eterno, e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Grazie Giacomo.”

Queste sono le parole scritte da ragazzi che hanno scelto di non lasciarsi dominare da questa situazione, ma di viverla e dominarla con il Signore e con la memoria delle esperienze vissute.

Grazie Signore che ci sei e operi!